Mi viene segnalato dal curatore Lorenzo Bonini questa notizia, collegandosi ai miei lavori sulla lentezza (The Slowly Project) e sul silenzio (4'33 Chorus Loop) e mi sembra moooolto interessante da convividere con voi (oltre a ringraziare Lorenzo per il pensiero di avermela mandata)
La Norvegia cambia registro e sceglie il silenzio e la tranquillità. La televisione pubblica 'NRK' ha trasmesso il 18/02/2013 dodici ore di diretta ininterrotta di un caminetto acceso con, in sottofondo, musica leggera e commenti di esperti. L'esperienza è stata fatta venerdì, in prima serata, e la NRK ha spiegato che la serata-evento ha incollato al piccolo schermo più spettatori rispetto alla normale programmazione.
'The Slowly Project. Take your time - Modena' excerpt
The Slowly Project. Take your Time - New York (excerpt) from liuba... on Vimeo.
viaggio

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23/05/13
12/01/13
112. vacanze natalizie: nuovi progetti e un po' di relax
Circa una settimana prima di Natale ho deciso, improvvisamente, di
proporre un progetto per un'importante manifestazione da tenersi a
Milano e, quasi improvvisamente, ho saputo che è stato accettato e che
cominciava la realizzazione pratica e la messa a punto di una serie
infinita di diversi livelli (poichè ci sarà una mostra personale e una
nuova performance, i piani di lavoro sono proprio tanti, a livello di
creazione e produzione, a cui si aggiungono quelli dell'archiviazione,
comunicazione, relazione, ecc.)
Nel frattempo, come programmato, il mio amico e curatore Mark Bartlett è giunto a Milano da Londra con l'intenzione di lavorare all'imbastitura del libro (sorpresa...) che lui ha in cantiere di fare. E si è trovato ad essere la persona giusta al momento giusto... poichè ho parlato a lui del nuovo progetto imminente e gli ho chiesto di farmi da curatore, cosa che lui ha accettato con entusiasmo.
La cosa bella di questo rapporto è che lui conosce, credo, il mio lavoro meglio di chiunque altro, e lo sta seguendo dal 2006, quando vide la mia mostra personale a New York a Chelsea (da quei matti della WeissPollack, vedi il diario New York) e mi scrisse impressionato dal mio lavoro. Ciò mi ha fatto enormemente piacere, e da allora siamo in contatto, prima per email e poi anche di amicizia, soprattutto da quando lui da S. Francisco dove viveva si è spostato (e sposato) a Londra, e negli ultimi anni la collaborazione comincia a diventare più concreta (per esempiio il bellissimo essay che ha scritto in seguito alla mia performance The Finger and the Moon #2 a Piazza S. Pietro in Vaticano (leggi).
Mark è partito pochi giorni prima di Natale, per andare a passare le feste a Cinzago, sul Lago Maggiore, dove hanno una casa, e sarebbe ritornato a Milano il 5 di gennaio. Io intanto... dovevo creare la serie di lavori nuovi per la mostra (ancora vi tengo in sospeso e non vi dico qual'è, ma sarà a Milano presto...) e soprattutto preparare le immagini per il catalogo e inviarle entro il 4-5 gennaio. Insomma, fuoco e fiamme!
Però il giorno di Natale e la vigilia sono stati belli e tranquilli, come da copione, riposo, cibo e soprattutto tanta famiglia. La mia famiglia è piccola, e quel poco che c'è è piuttosto sparpagliata, ma è stato molto bello festeggiarlo con i miei genitori e con Mario, e vedere per la prima volta dopo tanto tempo in seguito all'operazione, mio padre essere sereno, di compagnia e a camminare anche solo nel piccolo tragitto dalla stanza al tavolo da pranzo. Devo confessare una cosa, a me e anche a voi: nonostante gli scontri, le incomprensioni, le litigate che abbiamo avuto nel passato, come non mai ora mi sento attaccata a mio padre e a ciò che lui rappresenta nella mia vita e sento molto forte il bisogno della sua figura che, solo ora, mi accorgo quanto mi ha fatto sentire protetta in tutti questi tempi, nonostante mi sia sentita per la maggioranza degli anni passati, non capita e in tensione con lui. Certo capire le piroette della mia vita, accettare le mie scelte inconsuete, vedermi annaspare con fatiche e pochi soldi, può essere agli occhi di un genitore cresciuto con altri valori e in un'altra epoca, qualcosa di molto difficile da accettare e da capire. Forse solo ora mi sento accettata e amata, anche se lo sono sempre stata, e questo è stratosfericamente, enormemente importante per me, ora.
Poi giorni intensi di lavoro, in quei giorni placidi e beati dove la città sonnecchia e tutti sono partiti o si rilassano o si vedono con gli amici (e questa energia come si sente, ti dà la giusta pace e la giusta tranquillità di una dimensione bella, calma...mi sono sempre piaciuti un sacco i giorni tra Natale e Capodanno, contenitori aperti per tutto ciò che si desidera fare, senza forzature). Mi sentivo solo un po' in ansia per la scadenza delle foto da pubblicare nel catalogo, che era così vicina e appena dopo capodanno, e ho lavorato con molta lena e determinazione (e devo dire pure divertimento!) alla creazione di nuovi lavori polittici da produrre prossimamente. E poi però per Capodanno, si parte! Alcuni giorni in montagna a Briançon nella casa del mio caro amico Alberto. Giorni di un sole che non si può, aria azzurra, niente freddo, montagne e panorami mozzafiato e una gioia nel cuore di essere vivi, e di tanta bellezza circondati!
Nel frattempo, come programmato, il mio amico e curatore Mark Bartlett è giunto a Milano da Londra con l'intenzione di lavorare all'imbastitura del libro (sorpresa...) che lui ha in cantiere di fare. E si è trovato ad essere la persona giusta al momento giusto... poichè ho parlato a lui del nuovo progetto imminente e gli ho chiesto di farmi da curatore, cosa che lui ha accettato con entusiasmo.
La cosa bella di questo rapporto è che lui conosce, credo, il mio lavoro meglio di chiunque altro, e lo sta seguendo dal 2006, quando vide la mia mostra personale a New York a Chelsea (da quei matti della WeissPollack, vedi il diario New York) e mi scrisse impressionato dal mio lavoro. Ciò mi ha fatto enormemente piacere, e da allora siamo in contatto, prima per email e poi anche di amicizia, soprattutto da quando lui da S. Francisco dove viveva si è spostato (e sposato) a Londra, e negli ultimi anni la collaborazione comincia a diventare più concreta (per esempiio il bellissimo essay che ha scritto in seguito alla mia performance The Finger and the Moon #2 a Piazza S. Pietro in Vaticano (leggi).
Mark è partito pochi giorni prima di Natale, per andare a passare le feste a Cinzago, sul Lago Maggiore, dove hanno una casa, e sarebbe ritornato a Milano il 5 di gennaio. Io intanto... dovevo creare la serie di lavori nuovi per la mostra (ancora vi tengo in sospeso e non vi dico qual'è, ma sarà a Milano presto...) e soprattutto preparare le immagini per il catalogo e inviarle entro il 4-5 gennaio. Insomma, fuoco e fiamme!
Però il giorno di Natale e la vigilia sono stati belli e tranquilli, come da copione, riposo, cibo e soprattutto tanta famiglia. La mia famiglia è piccola, e quel poco che c'è è piuttosto sparpagliata, ma è stato molto bello festeggiarlo con i miei genitori e con Mario, e vedere per la prima volta dopo tanto tempo in seguito all'operazione, mio padre essere sereno, di compagnia e a camminare anche solo nel piccolo tragitto dalla stanza al tavolo da pranzo. Devo confessare una cosa, a me e anche a voi: nonostante gli scontri, le incomprensioni, le litigate che abbiamo avuto nel passato, come non mai ora mi sento attaccata a mio padre e a ciò che lui rappresenta nella mia vita e sento molto forte il bisogno della sua figura che, solo ora, mi accorgo quanto mi ha fatto sentire protetta in tutti questi tempi, nonostante mi sia sentita per la maggioranza degli anni passati, non capita e in tensione con lui. Certo capire le piroette della mia vita, accettare le mie scelte inconsuete, vedermi annaspare con fatiche e pochi soldi, può essere agli occhi di un genitore cresciuto con altri valori e in un'altra epoca, qualcosa di molto difficile da accettare e da capire. Forse solo ora mi sento accettata e amata, anche se lo sono sempre stata, e questo è stratosfericamente, enormemente importante per me, ora.
Poi giorni intensi di lavoro, in quei giorni placidi e beati dove la città sonnecchia e tutti sono partiti o si rilassano o si vedono con gli amici (e questa energia come si sente, ti dà la giusta pace e la giusta tranquillità di una dimensione bella, calma...mi sono sempre piaciuti un sacco i giorni tra Natale e Capodanno, contenitori aperti per tutto ciò che si desidera fare, senza forzature). Mi sentivo solo un po' in ansia per la scadenza delle foto da pubblicare nel catalogo, che era così vicina e appena dopo capodanno, e ho lavorato con molta lena e determinazione (e devo dire pure divertimento!) alla creazione di nuovi lavori polittici da produrre prossimamente. E poi però per Capodanno, si parte! Alcuni giorni in montagna a Briançon nella casa del mio caro amico Alberto. Giorni di un sole che non si può, aria azzurra, niente freddo, montagne e panorami mozzafiato e una gioia nel cuore di essere vivi, e di tanta bellezza circondati!
Ehi, Buon anno!!! Ben arrivati nel 2013 e che sia un anno ricco di gioia amore e soddisfazioni!
31/10/12
106. Sandy a New York e pioggia sull'Appennino
In questo periodo sono in Italia felicemente, ma sto seguendo con ansia cosa sta succedendo a New York l'hurricane Sandy. Mi immagino la città che corre sempre con il black out elettrico, gli ascensori che non funzionano e le decine e decine di piani da farsi a piedi per salire in cima, le stazioni della metro bloccate e i disagi vari. Ma so anche che New York è una città che reagisce, rigurgita, bolle si tempra e riprende,e cambia, come sempre. Un gesto d'affetto a questa città, che è dura e allegra allo stesso tempo. E un abbraccio di cuore a chi è travolto dalle difficoltà, di Sandy come della vita.
Nel frattempo... io sono immersa nella natura dell'Appennino Emiliano, prima in zona colli Piacentini (una scoperta inaspettata e molto apprezzata durante lo scorso week end) ora vicino Tolè dalla mia amica Danusia, dove amo venire spesso, sia per vederla che per ricaricarmi e ispirarmi. In città più di tanto non ci so stare, per cui mi porto via il computer e il lavoro appena posso. Oggi ha piovuto tutto il giorno, ma amo sentire il rumore della pioggia battere sui vetri, sul legno e sulla pietra, per cui me la sono goduta ugualmente, dopo tanti giorni di bel tempo. E domani sera...grande festa di Hallowen intorno al fuoco! Haarggggh
(Mi piace alternare la grande città alla più quieta campagna...)
![]() |
due immagini del black out a Downtown Manhattan |
Mi è stato mandato un articolo interessante sui postumi di Sandy a New York, e sui differenti effetti del ciclone nelle diverse parti della città (sembra che lo spartiacque sia stato la 39th strada: la parte sud devastata, e invece uptown incolume... leggete qui
http://www.dailymail.co.uk/news/article-2225557/Hurricane-Sandy-New-York-City-divided-Super-storms-devastating-wake.htmlNel frattempo... io sono immersa nella natura dell'Appennino Emiliano, prima in zona colli Piacentini (una scoperta inaspettata e molto apprezzata durante lo scorso week end) ora vicino Tolè dalla mia amica Danusia, dove amo venire spesso, sia per vederla che per ricaricarmi e ispirarmi. In città più di tanto non ci so stare, per cui mi porto via il computer e il lavoro appena posso. Oggi ha piovuto tutto il giorno, ma amo sentire il rumore della pioggia battere sui vetri, sul legno e sulla pietra, per cui me la sono goduta ugualmente, dopo tanti giorni di bel tempo. E domani sera...grande festa di Hallowen intorno al fuoco! Haarggggh
(Mi piace alternare la grande città alla più quieta campagna...)
17/10/12
104. L'aria di New York
ho letto questa notizia e mi diverte... ve la giro!
certo che se invece dell'aria di newyork (che peraltro è migliore di quella di Milano...) ci fossero barattoli di aria di montagna e di mare, ne comprerei a bizzeffe, invece di muovermi spesso come una trottola pur di respirare l'aria felice... :)
ARIA DI NEW YORK
Unendo le suggestioni duchampiane (ricordate l’Aria di Parigi nella bolla di vetro?) e quelle manzoniane (la mitologica Merda in scatola), l’artista cecosclovacco Kirill Rudenko ha creato la Canned Air from New York City, ossia 375 ml di pura aria della Grande Mela. In vendita sulla sua pagina Etsy per soli dieci dollari.
http://www.artribune.com/2012/10/la-rivincita-dei-nasi/
11/06/12
90. Rocambolando per l’Italia
Di solito,da anni e anni, quando finisco una performance ho
una stanchezza tale e anche lo scarico della tensione e di tutta l’energia
accumulata e usata, che dormo e larveggio per alcuni giorni, senza a volte
riuscire ad alzarmi dal letto o a fare alcunché, e sono giorni in cui ti godi
il non far nulla, in cui senti il corpo azzerato che sa come rimettersi in
sesto, e da un lato ti senti beata e soddisfatta, dall’altra c’è sempre anche
un po’ di tristezza e di interrogativo – del tipo: ma che senso ha tutto questo,
tanto gran lavoro e poi cosa resta, ecc … - interrogativo che quando sei stanca
come una larva può anche causare leggeri pianti depressi ma poi passa col
rifiorire delle forze – bene, dicevo che di solito succede così, e il mio corpo
va in catalessi per tre dì ...
Ma questa volta il giorno dopo della performance
corrispondeva al giorno prima dell’aereo, e invece di poter restare a
cazzeggiare tutto il giorno, dormire, vedere amici e vagare per New York o
magari sdraiarsi a central park, ho dovuto sforzarmi quasi piangendo perché non
avevo forza alcuna, per liberare la mia camera, fare le valige (compreso fare
alcuni miracoli per fare stare tutte le cose), andare a fare un’ultima foto
della moschea per il progetto delle religione che mi avevano detto essere verso
30th street o giù di lì, e uscire con un mio caro amico appena rientrato a New York dopo mesi che non c’era …
Troppo per lo stato larvale del post performance. E non
scherzo. E’ il fisico a non esserci. Cambio faccia, divento pallida, non riesco
a muovere gli arti ma li trascino, tendo a stare solo orizzontale, il pensiero
è più lento di una lumaca, e di solito piango per un nonnulla, e il cuore batte
a tremila per lo sforzo. So che sapete cosa intendo. Energie residue -100.
Non era una bella sensazione non dare al tuo corpo e alla
tua mente ciò di cui ha bisogno, e tantomeno pensare di attraversare l’Oceano e
di andare altrove, e di chiudere per ora con questa parte di mondo. Io non sono
per niente brava con i distacchi. Sia con le persone che con i luoghi. E paradossalmente
forse per questo viaggio e mi muovo molto, per poter ritornare da chi ho lasciato, in un vortice
quasi perverso di pezzettini che ti si staccano dentro. E naturalmente infatti avevo voglia anche di
rientrare in Italia, con altre persone care che mi aspettavano, e finalmente un
cibo decente, e una camera un po’ più larga (qui a Manhattan vivevo stretta
come in un sandwich), e il progetto a Genova che si avvicinava e che avrebbe
catalizzato tutte le mie forze per il prossimo mese … ma no, lasciatemi riposare
per almeno una settimana, poi riparto. E invece l’aereo è lì, come un laccio al
collo, e poi non sarebbe possibile rimandare, perché ho le scadenze italiane … e
nemmeno è possibile partire senza fare i bagagli e dividere cosa mi porto e
cosa lascio (lascio sempre alcune cose a New York che non mi sto a portare
avanti e indietro, e che mi fanno sentire ‘casa’ quando torno … ). Non è possibile
prendere l’aereo senza le cose (e tra vestiti per tre stagioni, tecnologia,
materiali, libri, beauty case ben equipaggiato e le tante paia di scarpe
necessarie, il gioco non è di quelli essenzialmente leggeri …
Distrutta, amebica, post performance, piangente dalla
spossatezza, mi trascino a fare tutto, e poi alla sera mi sveglio pure e passo
la nottata fuori col mio amico Ish (e poi mi dico vabbè, è l’ultima nottata a New York e mi sforzavo anche se ero fuori del melone dalla stanchezza ... ).
Che dirvi, il giorno dopo metto la sveglia dopo poche ore,
finisco di impacchettare tutto (devo anche correre a comprare un’altra valigia,
e per far prima ci vado in bicicletta, compro un valigione enorme che persone
gentili mi aiutano a fissare sulla bici e pedalo sino a casa con sta cassa di
valigia in bilico sul manubrio … Insomma faccio tutto, prenoto taxi collettivo,
faccio le ultime telefonate agli amici, e mi trovo al JFK dove per un motivo o
per l’altro non mi riesco a rilassare nemmeno lì (tanto per cambiare qualche
disfunzione imprevista dell’Alitalia, tipo caricarsi il valigione perché era
l’unica compagnia aerea che non aveva il tapirulan per il check in.
Prendo il volo.
Adoro però l’aereo. Perché quando sei lì ciò che hai fatto hai fatto, un luogo
diventa passato, e quello in cui vai è ancora futuro e non sta nella tua testa,
quindi la testa è libera di volare, è leggera, è presente nel presente, è vigile,
è paziente. E naturalmente quando arrivo a Milano, con le 6 ore perse nel fuso
orario e una giornata in cui la notte non esiste e non hai dormito per due
giorni, ecco che mi trascino da Malpensa verso Milano verso il taxi verso via Bramante verso il mio letto (anzi il divano letto della cucina) e mi incollo lì
per due giorni e notti consecutivi, senza sapere nemmeno dove sono dove vivo e
chi sono.
88. Montreal/New York e performance ‘to do list’
Rientro a New York da Montreal con emozioni a palla: il
distacco che sempre fa male, tanto più perché è stato un distacco di pochi
giorni insieme, passati nella burrasca, e quando il mare è tornato liscio e trasparente
era ora di partire. E partire voleva dire non solo andare a New York, ma poi
dopo riattraversare un oceano e sei ore di fuso orario e tornare in Europa, in
Italia, e sentire la frattura della nostra distanza moltiplicarsi.
Rientro a New York e una nuova performance imminente, con la
dose di incognita, imprevisto, fatica e lavoro che mi aspettava. Già da
parecchio la stavo preparando, ma gli ultimi giorni sono sempre i più densi –
quelli dove non ti puoi permettere deroghe, perché se c’è una cosa da scegliere
e da preparare, la devi scegliere e preparare da un momento all’altro, e non
puoi andartene a dormire o passeggiare, nemmeno se sei molto stanca (e la
fatica sta proprio in questo costringere il cervello il cuore e la fantasia al
lavoro anche se ti chiedono di riposare …).
Rientro a New York da Montreal e dopo poco
rientro in Italia, non so più di dove sono e a chi appartengo. Un po’ ne ho
voglia e un po’ no, un po’ non vedo l’ora di ritornare a una modalità di vita
che mi appartiene e mi manca, così come non vedo l’ora di vedere le persone
care, ma al tempo stesso non sono pronta ad andare via da qui, tutto è troppo
veloce e ho bisogno di più tempo. O di vite parallele. E’ come se le vite
scorressero parallele in più luoghi, e mi ci vuole tanto tempo per ciascuno.
Faccio le 12 ore di pullman per New York con queste emozioni
contrastanti, intense, struggenti. Arrivo a Manhattan distrutta e senza nemmeno
il tempo di riposare o di ascoltarmi. La “to do list” per la performance
incombe e, chi realizza cose lo sa, mi ero fatta un calendario improrogabile
per farci stare tutto ciò che dovevo fare e che occorreva ultimare (finire il video, decidere le immagini,
comprare i materiali, trovare arnesi, rivedere i testi, scegliere vestiti, ecc …
pazzesco come lavorare con la performance sia a volte lavorare a 360 gradi …)
tra qui e l’ora della performance, e ogni deroga non era concessa.
Mille equilibrismi per fare tutto ... Mi sentivo come l'elefante di Union Square ...
![]() | |||
Miquel Barcelò, Grand Elefandret |
(http://www.nuok.it/nuok/gran-elefandret-l-elefante-equilibrista-di-union-square/)
87. Voglio scrivervi di così tante cose..e bus cinese
Voglio scrivervi di così tante cose, tante ne succedono – sia fuori che dentro di me – tra nuovi progetti creativi a cui sto lavorando, nuovi contatti e conoscenze, programmazione di performance future, gestione dei progetti che mi aspettano in Italia, e poi riflessioni, pensieri, aneddoti, cose che vedo, sento, percepisco e respiro … Mentalmente vi scrivo ogni giorno, con un sacco di cose da dire e condividendo ciò che mi frulla in testa, ma poi non rimane il tempo per scriverlo, e trovare il tempo per scriverlo è un impresa, con la valanga delle cose che si accavalla, i progetti che si intersecano, le energie per spostarsi, e i rapporti con le tante persone care (raddoppiati perché sono sintonizzata con le persone care in Italia e con quelle di qua) …
E’ buffo, ora sto scrivendo, un po’ mezza storta e al buio – ma sul computer non sul quadernetto – mentre sono sul bus cinese che mi porta a Washington a trovare Stefano (il Mengoz!) per il week-end! Sono su questo pullman scassato che parte da Chinatown New York e arriva a Chinatown Washington con partenza ogni ora e per il prezzo ridicolo di 20 dollari..
E’ stato un po’ strano entrare in questo pullman gremito e pure non trovare il pullman delle 6 ma dover aspettare quello delle 7, ma è interessante provare questa esperienza e poi ho voglia di vedere Stefano, credo che non ci vediamo da una decina d’anni ... a Bologna, al primo anno di Università (e per qualche anno) abitammo insieme e lui era un po’ come un fratello maggiore. Poi dopo l’università se n’è andato a Chicago con borse di studio per studiare e insegnare il liuto, e da allora vive negli Stati Uniti insegnando musica all’università … abbiamo deciso di incontrarci a Washigton che è un po’ a metà strada per entrambi, perché lui ha una conferenza ed è lì per alcuni giorni. Per cui ok, mi vedrò Washington, a passerò il week-end col mio vecchio amico. Bene! Avevo un sacco da fare, a dire il vero, ma generalmente nella mia vita metto sempre al primo posto l’amore e i fattori umani, e mi sono sempre trovata bene!
… Così sto scrivendo tra una curva e l’altra del pullman cinese (perché prima che non scrivevo andava dritto come un fuso in autostrada e ora è tutto uno curva??) Ah, dulcis in fondo, ho Cesaria Evora nelle mie orecchie che da questo incantamento magico contribuisce a un mood meraviglioso e misterioso di questo piccolo viaggio nella notte americana sul bus cinese peno di gente di ogni razza (e odori vari).
i famosi 'cherries blossom' a washington |
15/04/12
86. Settimane intense a New York ( e un salto a Montreal...)
Queste ultime settimane sono state veramente intense, come sempre e spesso accade a New York. Il ritmo di Manhattan è piuttosto vorticoso, e ti avvolge, però ciò che mi piace è che questa città è provocatoriamente contraddittoria, per cui si trova il ritmo vorticoso e anche la quiete più pacifica ...
Ho fatto veramente di tutto ... siete curiosi? Ecco una lista sommaria di queste ultime settimane ... !
- Messo l'annuncio su graig list per trovare il web designer che mi aiuta a sistemare il sito del progetto finger moon;

- Visitato la biennale del Whitney (pollice verso per quasi tutto). Sembrava di essere a una delle più banali mostre di fine anno scolastico, prove e pasticci vari, e nemmeno un articolazione espositiva efficace o interessante …- l’unico lavoro che ho goduto è il Circus di Calder, che non faceva parte della biennale, ma era nella sezione delle opere permanenti …(foto a lato);
Ho fatto veramente di tutto ... siete curiosi? Ecco una lista sommaria di queste ultime settimane ... !
- Messo l'annuncio su graig list per trovare il web designer che mi aiuta a sistemare il sito del progetto finger moon;
- Ricevuto una valanga di risposte in un paio di giorni, e mi
ci sono voluti alcuni giorni completi per valutare i lavori e gli esempi delle
persone che si offrivano, e selezionarli per un ‘colloquio’;
- Visto le persone selezionate e scelto la persona (una donna,
tanto per cambiare … ) che mi è piaciuta di più, come professionalità, idee
proposte e compatibile col budget limitato che avevo a disposizione (e questo
grazie a un donatore prezioso che sta sostenendo ‘the finger and the moon’
project);
- Visto molte performances, sia al grace exhibition space, sia
ad exib art;
- Visitato il New Museum (mostra the ungovernables: mi è
piaciuta parecchio, molti lavori interessanti, a volte molto semplici, ma sotto
una lieve nuova variazione di prospettiva. Molti lavori provenienti dai paesi
‘emergenti’, come Brasile, Sud America, India, nord Europa, paesi arabi …);

- Visitato la biennale del Whitney (pollice verso per quasi tutto). Sembrava di essere a una delle più banali mostre di fine anno scolastico, prove e pasticci vari, e nemmeno un articolazione espositiva efficace o interessante …- l’unico lavoro che ho goduto è il Circus di Calder, che non faceva parte della biennale, ma era nella sezione delle opere permanenti …(foto a lato);
- Sono andata a Washington per 2 giorni per rivedere il mio
amico storico Mengoz che vive in America da 20 anni e che non vedevo da più di
10 (lui vive vicino a Detroit e fa lo storico di musica antica insegnando
all’università). Abbiamo camminato a non finire e parlato e ruota llibera e a
raffica delle nostre vite per tutto il giorno e mezzo che siamo stati insieme.
A Washington ho anche fatto un’azione lenta in omaggio alla giornata della
lentezza 2012
- Ho tenuto costante contatto con la mia assitente Francesca
in Italia, che sta facendo un preziosissimo lavoro di archiviazione cartelle,
press e progetti, con la mia collaboratrice antropologa Barbara e la curatrice
Alessandra per lo sviluppo
dell’imminente performance ed evento collettivo di Genova
- Ho lavorato a due progetti in progress, site specific su New York: uno è il nuovo progetto del cibo (sto soffrendo non poco con la qualità
del cibo che mangio, pur stando quasi ossessivamente attenta a cosa compro o a
dove mangio ... )‘the food project’ che per ora è incominciato con una serie
fotografica estetica-denunciante-riflessiva che ho scattato andando in giro e
frequentando la città.
- L’altro è progetto è 'the finger and the moon', in corso da
parecchio, ma con un nuovo step: sto scattando fotografie alle miriadi di
chiese/templi/sinagoghe che ci sono a New York, le più disparate immaginabili e
con un mix di architettura, vita, spiritualità sommersa dall’urbanità, che è
molto interessante. Questo corpus di immagini del progetto mi servirà sia per la mostra che per
la performance di 'finger and the moon #3' da farsi a Genova.
- Ho programmato con jill del Grace Exhibition Space la mia
nuova performance sul cibo che farò in questa galleria, e abbiamo faticosamente
fissato la data del 16 aprile (poiché io il 18 parto) per cui tutto piuttosto
di fretta come al solito, ma qui a New York le cose sono così tante e
rocambolesche che a volte si riducono con tempi molto stretti, però almeno qui
le cose SUCCEDONO. ‘Make things done’ come dicono qua. Ed è vero.
- Ho comprato, cambiandola due volte (ma per fortuna qui da H
& B - o B & H? non ricordo mai … - compri una cosa, la provi e poi la
cambi o la rendi se non ti piace), una nuova macchina fotografica con video HD
da bomba e super leggera, che è stato il mio indispensabile strumento per le
mie foto site specific. Ma che fatica per me comprare la tecnologia, quando ci
sono mille proposte, mille differenze, e mille prezzi dalla a alla z … Ho
comprato anche una videocamera HD molto buona con un prezzo interessante, ma
non l’ho ancora provata bene (e ho sempre tempo per restituirla) … ma ci ho
impiegato un mese a vedere modelli e decidere (e non essendo io una tecnica
esperta, ma essendo molto esigente e non ricchissima, mi agito tantissimo … ).
- Ho avuto un'otite fortissima con male alle tempie, che mi ha
costretto ad andare al pronto soccorso (poiché non sapevo dove andare) e a
farmi toccare con mano il servizio sanitario di qua (quando vi racconterò ... ) che fortunatamente con una doppia dose di antibiotici è guarita (spero sia sparita del tutto), ma ho
avuto il mio bel da fare a giostrare con la logistica della città, le cose che
sto facendo e la forte stanchezza causata da questa cosa …
- Ho passato il giorno di Pasqua con Mario, la mia migliore
amica americana Nora e il suo fidanzato, a mangiare i famosi pancakes con
mirtilli di Nora e finalmente a sentirmi in famiglia e con le persone a cui
voglio più bene
- Ho comprato delle scarpe-sandali estivi di cui sono
contentissima, un giubbino di jeans e un vestito optical, con rapporto qualità
prezzo eccellente (non mi piace molto fare shopping, però devo dire che ho un
occhio fino, e quando non cerco riesco sempre a trovare la cosa di qualità col
prezzo giusto, o spesso con un super affare!).
- Ho tagliato i capelli dalla mia parrucchiera brasiliana che
l’anno scorso mi è piaciuta tanto, ma questa volta non sono stata molto
soddisfatta, e poi mi sono tagliuzzata i capelli da sola per personalizzarmi il
taglio (non li volevo corti, ma nemmeno così lunghi come erano, li voglio di
differenti lunghezze … ) … forse devo pure ritornarci, perché anche con questi
ultimi ritocchi non è che sia proprio un granché (però meglio di quando erano
lunghi e dritti come prima, che non si addicono al mio viso e al mio carattere).
- Ho preso il bus per Montreal (sono arrivata ieri sera)
perché, dovendo preparare la nuova performance del 16 aprile (per la quale sto
creando un video da proiettare live) ho
bisogno di stare al computer tutto il giorno, per cui ho pensato è meglio farlo
a Montreal condividendo almeno la sera con Mario – che poi partirò per l’Italia
e non si sa quando ci rivedremo – che non stare a Manhattan chiusa in casa
nella piccola stanzetta (però anche Mario qui si è preso una casa che è
microscopica e buia … ).
Beh, ciò che mi piace di New York è che si riescono a fare
cose come in un anno altrove, anche se tutto però è molto faticoso, e questa
volta ho sentito molto alcuni difetti e alcune cose difficili di questa città,
e, a dirla tutta, Manhattan a volte mi sembra quasi in ‘decadenza’, turistica, superata
(ho questa impressione netta, e la sto sentendo da alcune altre persone, sia
che vivono qui o che ci vivevano. Qualche fermento nuovo c’è in Brooklyn, ma credo che i tempi d’oro della grande mela forse siano acqua
passata (o no?).
Ah, e poi ho scritto un sacco di blog … !! Guardare post passati per
credere ;-)
(E un po' stanchina lo sono ... ).
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28/03/12
85. Manca solo una settimana ... e foto templi ...
Come molti di voi già sanno, sto lavorando da più di un anno al nuovo step del progetto 'The Finger and the Moon' (che sarà il #3), e si terrà a Genova il 19 maggio di quest'anno (non vi preoccupate, rientro in Italia per tempo, anzi un mese prima e mi piazzerò a Genova per mettere a punto tutto il lavoro di preparazione e di coinvolgimento delle persone ... Intanto però qui a new York ho trovato ispirazione per fantastici preparativi anche per questo progetto!).
E' un ampio progetto che comporta un lavoro di equipe, e che coinvolgerà moltissime persone in una performance collettiva.
Manca solo UNA SETTIMANA per sostenere, tramite l'apposito sito online, questo imminente progetto di performance collettiva programmato per maggio a Genova. Il piccolo contributo di tutti voi è fondamentale perché l'operazione riesca!!
E ciascuno di voi può partecipare alla performance, se lo desidera!
PER PARTECIPARE E /O SOSTENERE 'THE FINGER AND THE MOON #3:
Clicca qui ENTRO il 3 APRILE 2012!
http://www.indiegogo.com/The-finger-and-the-moon?c=home
Nel frattempo, come regalo in anteprima (ah, se accedete al sito e fate una anche pur piccola donazione, riceverete in cambio dei lavori firmati del progetto ... E spero con tutto il cuore che ne rimarriate contenti!)
come regalo in anteprima, dicevo, vi metto alcune foto della serie sui templi/chiese che sto facendo qui a New York.
Enjoy! (come dicono qua per quasi tutto, e a me piace molto questa espressione).
E' un ampio progetto che comporta un lavoro di equipe, e che coinvolgerà moltissime persone in una performance collettiva.
Manca solo UNA SETTIMANA per sostenere, tramite l'apposito sito online, questo imminente progetto di performance collettiva programmato per maggio a Genova. Il piccolo contributo di tutti voi è fondamentale perché l'operazione riesca!!
E ciascuno di voi può partecipare alla performance, se lo desidera!
PER PARTECIPARE E /O SOSTENERE 'THE FINGER AND THE MOON #3:
Clicca qui ENTRO il 3 APRILE 2012!
http://www.indiegogo.com/The-finger-and-the-moon?c=home
Nel frattempo, come regalo in anteprima (ah, se accedete al sito e fate una anche pur piccola donazione, riceverete in cambio dei lavori firmati del progetto ... E spero con tutto il cuore che ne rimarriate contenti!)
come regalo in anteprima, dicevo, vi metto alcune foto della serie sui templi/chiese che sto facendo qui a New York.
Enjoy! (come dicono qua per quasi tutto, e a me piace molto questa espressione).
Liuba - The Finger and the Moon #4 - new photo series (all right reserved)
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27/03/12
82. Occhi e vuoto in Flushing, Queens
Come vi dicevo nel post precedente, alcuni giorni fa sono andata a Flushing, capolinea della linea 7 nel Queens.
Mi avevano detto che in quella zona c'era un'area piena di templi di ogni religione, uno accanto all'altro. Poiché ciò mi interessa molto, per il progetto delle religoni che sto sviluppando, e per la serie fotografica a cui sto lavorando qui a New York sulle varie - e strane - e numerosissime chiese, e templi, e luoghi di culto di ogni ordine e grado, ho preso la mia metro e sono andata in fondo al Queens a Flushing.
Devo premettervi però, per darvi l'idea dei miei 'feeling', che nei giorni precedenti era piena primavera, con sole tipo maggio e un'esplosione di fiori.
(Beh, vi metto la foto, finalmente mi sono comprata una buona macchina fotografica da tasca e giro facendo le foto ... ), mentre quel giorno, poco dopo essere uscita, mi ero accorta che era inaspettatamente freddo ed ero vestita inadeguata (- ma non avevo voglia di tornare indietro a cambiarmi). Inoltre, il cielo era cupo e grigio e umido, come i giorni di autunno a Milano ...
Con questo sfasamento metereologico nelle ossa e un po' infreddolita, scendo dalla metro 7 accompagnata da un fiume di gente e mi trovo in mezzo a una super brulicante altra Chinatown dove faccio straordinarie foto di cibo ammassato sulle strade e cheap chino take away food (mamma mia ... ), che vanno bene per il mio progetto sul cibo, ma mi mettono un po' di depressione (queste foto sono un progetto artistico inedito, e non ve le metto qui ... :-)
Rimango attonita al vedere un formicolio di gente, di cose, di volti, di tutte le razze ma tutti grondanti povertà e fatica. Vado un po' di qua e di là, ma non c'è traccia dei templi, o almeno io non trovo nulla. Chiedo alle persone, ma non trovo quasi nessuno che parla inglese (?!), quei pochi che lo parlano mi guardano diffidenti quasi mandandomi a quel paese con gli occhi.
Gli occhi. Ho girato e rigirato per quelle strade infreddolita alla ricerca dei templi, e vedevo occhi spenti, occhi zombi, occhi vuoti, occhi arrabbiati, occhi depressi, occhi rassegnati ...
Percepivo e sentivo sulla mia pelle la fatica di vivere, l'abbruttimento della miseria, la diffidenza di chi 'resiste' e non pensa ... Questi corpi, questi occhi, queste energie mi erano entrate dentro la pancia e vagavo per le strade di Flushing assorbendo tutte queste vibrazioni e sentendomi anch'io contagiata, arrivando a sentirmi piccola, fragile, brutta, sola, inutile ... Non ho mai visto una concentrazione così fitta di persone abbruttite dalla vita.
Non ho visto qui la miseria nera che si può trovare in altre zone del mondo, ma la noia la cattiveria la diffidenza e l'abulia di chi fa una vita dura, di chi fa una vita piena di fatica e poca gioia, di chi è abituato a stare nel ghetto (nei margini lottando per non sprofondare) e diventa di pietra per sopportarlo ... Sento ancora quelle sensazioni addosso, e vedo ancora quegli occhi vuoti senza pupille spenti dalla vita.
Sono stata malissimo. Purtroppo o per fortuna ho delle antenne sensibilissime, ultra sensibili, per captare le energie e le cose che non si vedono - ma che ci sono. Questa sensibilità mi aiuta a penetrare i livelli di profondità dell'esistenza, a percepire istintivamente le persone, a capire e sapere le potenzialità e le energie dei luoghi, ad avere un intuito sottilissimo ... però fa sì che spesso io sia contagiata da queste onde sottili e mi accorgo a volte di assimilarle, senza potermi difendere, come se un grande vento mi arruffasse i capelli e non ci puoi fare niente ( i capelli tornano a posto solo squando vai via dal flusso del vento ... ).
Spesso mi accorgo che gli altri non lo vedono questo 'vento', ma io lo percepisco spesso, lo sento, e a volte non riesco a difendermi se non andando via. Ciò mi capita ovunque: a Milano per esempio, quando percepisco le ondate di stress della città che mi si sbattono in faccia impedendomi a volte di pensare anche se sto tutto il giorno in casa, o quando devo spostare un letto per riuscire a dormire ... sono una dormigliona e non ho mai problemi a dormire, ma a volte mi capita di dormire in letti - e sapete che viaggio parecchio ... - in cui non prendo sonno e rimango con gli occhi sbarrati sentendo energie che mi impediscono di dormire ... poi ho imparato che risolvo la faccenda spostando in qualche modo il letto o spostando la direzione in cui dormo, e subito mi addormento.
Allora, l'altro giorno nel Queens è stato doloroso e drammatico, ho vagato anch'io come una zombie - e non ho trovato la zona dei 'templi', solo qualche chiesa o sinagoga o tempio sparso qua e là, come ovunque a New York. Sono tornata a Manhattan e ho vagato tutta la sera come una zombi anch'io, senza meta e senza senso (ricordo di essere andata verso Wall Street per un supposto concerto a Trinity Church alle 7 che non c'era, poi ho preso il treno per Brooklyn, ho preso un caffè e sono tornata indietro, ecc... ecc ... ).
New York è 20 città al tempo stesso, ci sono zone giganti, zone ricchissime, zone solo di lavoro, zone di business, zone di vita di strada, zone di divertimenti, zone di certe categorie di negozi, zone sporche, zone verdi, zone rumorose, zone tipo paese, zone ultratecnologiche, zone afroamericane, zone russe, zone cinesi, zone coreane, zone ebraiche, zone ispaniche, zone indiane, zone commerciali, zone residenziali, zone di gallerie, zone di teatri, zone di barche, zone di disperazione, zone di gioventù, zone di milionari, zone di reazionari, zone di vacanza, zone di fatica, zone di depressione, zone di euforia ... e ovunque tanta gente, tanta umanità, miriade di storie, talenti, sentimenti, capacità, idee, consumi. Numeri immensi, così come spazi immensi, giganti, e movimenti e flussi senza fine. La vita scoppia gira esplode giganteggia soffre esulta ama cade e sussurra in questa metropoli che è il mondo, e che non si ferma mai.
(Testo scritto sempre sul bus cinese, di notte, sul mio quadernino, mentre tornavo da Washington). Rivedere Stefano è stato molto bello e intenso, anche se tra parlare girare viaggio e tutto è stato parecchio stancante, e mi ha incuriosito pure Washington, così monumentale, così pulita e ordinata, lontano anni luce da New York ... Sono stata solo due giorni a Washington, ma il suo carattere l'ho percepito bene, è monumentale, pulita, ordinata, borghese, noiosa, precisa, un filo deprimente e parecchio magniloquente ... (Mi sembra in parte di essere a Milano, per alcuni aspetti sono analoghe, e ho pensato che non vivrei mai a Washington ... ).
Mi avevano detto che in quella zona c'era un'area piena di templi di ogni religione, uno accanto all'altro. Poiché ciò mi interessa molto, per il progetto delle religoni che sto sviluppando, e per la serie fotografica a cui sto lavorando qui a New York sulle varie - e strane - e numerosissime chiese, e templi, e luoghi di culto di ogni ordine e grado, ho preso la mia metro e sono andata in fondo al Queens a Flushing.
Devo premettervi però, per darvi l'idea dei miei 'feeling', che nei giorni precedenti era piena primavera, con sole tipo maggio e un'esplosione di fiori.
(Beh, vi metto la foto, finalmente mi sono comprata una buona macchina fotografica da tasca e giro facendo le foto ... ), mentre quel giorno, poco dopo essere uscita, mi ero accorta che era inaspettatamente freddo ed ero vestita inadeguata (- ma non avevo voglia di tornare indietro a cambiarmi). Inoltre, il cielo era cupo e grigio e umido, come i giorni di autunno a Milano ...
Con questo sfasamento metereologico nelle ossa e un po' infreddolita, scendo dalla metro 7 accompagnata da un fiume di gente e mi trovo in mezzo a una super brulicante altra Chinatown dove faccio straordinarie foto di cibo ammassato sulle strade e cheap chino take away food (mamma mia ... ), che vanno bene per il mio progetto sul cibo, ma mi mettono un po' di depressione (queste foto sono un progetto artistico inedito, e non ve le metto qui ... :-)
Rimango attonita al vedere un formicolio di gente, di cose, di volti, di tutte le razze ma tutti grondanti povertà e fatica. Vado un po' di qua e di là, ma non c'è traccia dei templi, o almeno io non trovo nulla. Chiedo alle persone, ma non trovo quasi nessuno che parla inglese (?!), quei pochi che lo parlano mi guardano diffidenti quasi mandandomi a quel paese con gli occhi.
Gli occhi. Ho girato e rigirato per quelle strade infreddolita alla ricerca dei templi, e vedevo occhi spenti, occhi zombi, occhi vuoti, occhi arrabbiati, occhi depressi, occhi rassegnati ...
Percepivo e sentivo sulla mia pelle la fatica di vivere, l'abbruttimento della miseria, la diffidenza di chi 'resiste' e non pensa ... Questi corpi, questi occhi, queste energie mi erano entrate dentro la pancia e vagavo per le strade di Flushing assorbendo tutte queste vibrazioni e sentendomi anch'io contagiata, arrivando a sentirmi piccola, fragile, brutta, sola, inutile ... Non ho mai visto una concentrazione così fitta di persone abbruttite dalla vita.
Non ho visto qui la miseria nera che si può trovare in altre zone del mondo, ma la noia la cattiveria la diffidenza e l'abulia di chi fa una vita dura, di chi fa una vita piena di fatica e poca gioia, di chi è abituato a stare nel ghetto (nei margini lottando per non sprofondare) e diventa di pietra per sopportarlo ... Sento ancora quelle sensazioni addosso, e vedo ancora quegli occhi vuoti senza pupille spenti dalla vita.
Sono stata malissimo. Purtroppo o per fortuna ho delle antenne sensibilissime, ultra sensibili, per captare le energie e le cose che non si vedono - ma che ci sono. Questa sensibilità mi aiuta a penetrare i livelli di profondità dell'esistenza, a percepire istintivamente le persone, a capire e sapere le potenzialità e le energie dei luoghi, ad avere un intuito sottilissimo ... però fa sì che spesso io sia contagiata da queste onde sottili e mi accorgo a volte di assimilarle, senza potermi difendere, come se un grande vento mi arruffasse i capelli e non ci puoi fare niente ( i capelli tornano a posto solo squando vai via dal flusso del vento ... ).
Spesso mi accorgo che gli altri non lo vedono questo 'vento', ma io lo percepisco spesso, lo sento, e a volte non riesco a difendermi se non andando via. Ciò mi capita ovunque: a Milano per esempio, quando percepisco le ondate di stress della città che mi si sbattono in faccia impedendomi a volte di pensare anche se sto tutto il giorno in casa, o quando devo spostare un letto per riuscire a dormire ... sono una dormigliona e non ho mai problemi a dormire, ma a volte mi capita di dormire in letti - e sapete che viaggio parecchio ... - in cui non prendo sonno e rimango con gli occhi sbarrati sentendo energie che mi impediscono di dormire ... poi ho imparato che risolvo la faccenda spostando in qualche modo il letto o spostando la direzione in cui dormo, e subito mi addormento.
Allora, l'altro giorno nel Queens è stato doloroso e drammatico, ho vagato anch'io come una zombie - e non ho trovato la zona dei 'templi', solo qualche chiesa o sinagoga o tempio sparso qua e là, come ovunque a New York. Sono tornata a Manhattan e ho vagato tutta la sera come una zombi anch'io, senza meta e senza senso (ricordo di essere andata verso Wall Street per un supposto concerto a Trinity Church alle 7 che non c'era, poi ho preso il treno per Brooklyn, ho preso un caffè e sono tornata indietro, ecc... ecc ... ).
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Questo è il risultato della giornata a Flushing...vi pubblico questa foto in anteprima. All right reserved. |
New York è 20 città al tempo stesso, ci sono zone giganti, zone ricchissime, zone solo di lavoro, zone di business, zone di vita di strada, zone di divertimenti, zone di certe categorie di negozi, zone sporche, zone verdi, zone rumorose, zone tipo paese, zone ultratecnologiche, zone afroamericane, zone russe, zone cinesi, zone coreane, zone ebraiche, zone ispaniche, zone indiane, zone commerciali, zone residenziali, zone di gallerie, zone di teatri, zone di barche, zone di disperazione, zone di gioventù, zone di milionari, zone di reazionari, zone di vacanza, zone di fatica, zone di depressione, zone di euforia ... e ovunque tanta gente, tanta umanità, miriade di storie, talenti, sentimenti, capacità, idee, consumi. Numeri immensi, così come spazi immensi, giganti, e movimenti e flussi senza fine. La vita scoppia gira esplode giganteggia soffre esulta ama cade e sussurra in questa metropoli che è il mondo, e che non si ferma mai.
(Testo scritto sempre sul bus cinese, di notte, sul mio quadernino, mentre tornavo da Washington). Rivedere Stefano è stato molto bello e intenso, anche se tra parlare girare viaggio e tutto è stato parecchio stancante, e mi ha incuriosito pure Washington, così monumentale, così pulita e ordinata, lontano anni luce da New York ... Sono stata solo due giorni a Washington, ma il suo carattere l'ho percepito bene, è monumentale, pulita, ordinata, borghese, noiosa, precisa, un filo deprimente e parecchio magniloquente ... (Mi sembra in parte di essere a Milano, per alcuni aspetti sono analoghe, e ho pensato che non vivrei mai a Washington ... ).
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12/03/12
78. The Indipendent, Fountain Art e altro ancora
Dopo l'Opening dell'Armory Show e quello di Volta NY, di cui vi ho parlato nel post precedente, il venerdì sono stata all'Opening di Fountain Art Fair. Sono uscita molto tardi di casa perché sono stata tutto il giorno coi sentimenti sul ricordo dello zio, e sul contatto con la mia famiglia in Italia, e non ho visto nessuna delle altre fiere che mi ero ripromessa per oggi. Però l'Opening di Fountain era dalle 19 in poi, così, anche per distrarmi, sono uscita. Inoltre avevo parecchie aspettative riguardo alle performances, poiché sapevo che c'era una speciale sezione di performances, che avrebbero avuto luogo in serata.
L'edificio in cui era ospitata la fiera era impressionante e inquitante al tempo stesso: si trattava di un Armory, una specie di caserma immensa, che ha un grandissimo spazio centrale a volta dove, mi hanno detto, nell' '800 venivano conservate le armi e il matriale bellico ... (viste le dimensioni, si trattava anche di cannoni e quant'altro ... ).
Il risultato era un po' paradossale perché, appena entrati alla Fiera, ci si metteva le mani nei capelli al vedere lo scarruffio delle opere e la insulsa vacuità di quasi tutto ciò che era esposto. (Non ho mai visto una fiera più arraffata e come un supermarket di art and crafts di bassa qualità, commerciale al massimo e, come si dice a Milano, come "la fiera degli obei obei"!) Poi guardavi in alto e vedevi questa struttura in ferro dell''800, immensa, bella ma inquietante sapendo l'uso a cui era destinata, e guardando in basso vedevi il mercandizing più frivolo di ogni possibile prodotto umano immaginabile (prendi qualsiasi materiale, fai un minimo di assemblaggio, ed esponi). Un accostamento stridente, in un certo verso anche piuttosto 'underground'.
Non voglio togliere nulla ai pochi lavori magari interessanti che c'erano (difficili da cogliere perché disgustati dall'insieme, il tempo massimo da dedicare alla visita era di 10 minuti).
Ciò che però mi incuriosiva, è l'anima di una certa America, che qui era rappresentata in pieno: la leggerezza, il commercio, la vendita, lo stupore per qualsiasi cosa, il kitsch, l'entusiasmo dirompente solo per il fatto di esserci ...
Mi sono un po' stupita, perché mi aspettavo da questa fiera, che doveva riunire la maggioranza delle gallerie di Brooklyn (Williamsburg, Buswich, Greenpoint .. .i quartieri dove oggi a New York ci sono le gallerie giovani e sperimentali e quella più 'cool') un insieme di proposte innovative, anche non convenzionali ma 'fresche'. No, invece molte ma molte 'croste' (sempre senza nulla togliere all'entusiasmo di chi esponeva, che era contento così, e senza nulla togliere a qualche opera manuale di buona fattura), la maggior parte super 'naive'. Evidentemente, le migliori gallerie di Brooklyn non hanno esposto qui.
La sezione delle performance non era male però. Ossia, ne ho viste due, una era una schifezza, mentre l'altra molto bella, interessante, ben fatta. Si trattava di una cena sentimentale a due con una parete divisoria in mezzo, intitolata "The wall between us" di Caridad Sola e Thomas Solomon. Il tutto montato in maniera estetica e professionale, e con una discreta dose di concetto godibile da percepire. Detto così so che non vi dice niente, però vi metto la foto, ora la cerco sul web. (Ho girato tutti questi giorni delle mostre senza la macchina fotografica: un po' perché volevo vedere coi miei occhi e pensare - mentre quando si fotografa si vede con un occhio solo e si pensa all'immagine - e anche perché sto cercando faticosamente di comprarmi una nuova macchina fotografica ... ). Ecco un link alla performance:
http://www.caridadsola.com/PERFORMANCE/The-Wall-Between-Us/21918950_M9CX7h#!i=1748101093&k=sgNGTR5
Dentro alla mostra mi sono vista col mio amico Regi (ci siamo conosciuti l'anno scorso mentre lui faceva le foto quando presentavo i miei video a Bushwich), e dopo la performance siamo andati a raggiungere la mia amica Marie in un altro opening (non vi dico dov'era perché si è rivelata una cosa rocambolescamente dilettantesca ... però le persone lì mi sono simpatiche), e, sotto mio stimolo, quando siamo usciti, siamo andati a mangiarci qualcosa insieme. Ho detto 'sotto il mio stimolo' perché per noi italiani è ovvio mangiare insieme, e cosa di grande socialità, ma in molte altre parti del mondo non si avverte questa cosa, e qui è strano perché tutti mangiano fuori - a ogni ora e a ogni dove ci sono miriadi di posti dove mangiare di tutto, la maggioranza li prende 'take away' e te li mettono in delle scatole di plastica per portare il pasto a casa - però non c'è molto l'abitudine di cucinare insieme o mangiare insieme (se non per un 'dating' ossia un corteggiamento o evento romantico).
Ah, poi vi volevo parlare della fiera The Indipendent, che ho visto il giorno successivo. Finalmente! Ossia: finalmente una bella Fiera, finalmente lavori interessanti e qualche progetto di ricerca, e qualche contenuto, e opere con materiali più innovativi o con idee originali ed emozionanti. Già mi avevano parlato molto bene di questa fiera, e l'ho confermato coi miei occhi. La mia amica curatrice Oxana, che ho incontrato in giro per gli Opening (lei era, come molti, venuta apposta dall'Italia per la New York Art Week), quando ci siamo incontrate a Fountain Fair, tutte e due inebetite per la incredibile pessima qualità degli stand, mi ha detto che al confronto The Indipendent era come Art Basel ... !
Anche la location in Chelsea nell'ex Dia Center era azzeccata. Era insomma una bella fiera, però me la sono girata in maniera leggermente malinconica e non me la sono goduta molto. Ero ancora triste della perdita dello zio e soprattutto mi sentivo nostalgica, sentivo la mancanza dei miei affetti forti, della mia famiglia, di Mario, la grande città a volte ti fa sentire come una formichina ... Poi però una telefonata di mezzora con Mario (che la settimana prossima viene a New York) mi ha ritirato su il morale e il magone è passato, ho incontrato Eric e insieme siamo andati ad altri opening a Brooklyn (ho adorato la mostra da Pierogi, una galleria di Williamsburg di cui apprezzo tantissimo il lavoro). Quando ho lasciato Eric, che si avviava verso la stazione dato che abita fuori città, erano circa le 10.30/11 di sera ed ero stanca morta, i piedi mi bollivano dal gran camminare (Chelsea, Brooklyn, Meat District, e via dicendo, su e giù ... ). Quindi prendo il bus 14 (ovviamente il bus 14 passa per la 14ma strada!), scendo in avenue C e mi avvio a piedi verso casa, pensando che forse mi sarei bevuta una birretta nel pub all'angolo, dato che era sabato sera e dato che avevo una gran sete. Ma ecco che come al solito accade qualcosa di inaspettato: sento uscire una musica rock bellissima da un locale, e naturalmente ci entro: il posto era un pub semplice, con uno spazio per la musica, non molta gente, e i musicisti avevano un ritmo e una musica che mi ha coinvolto e magnetizzato ... morale della favola, abbiamo fatto le 4 di notte ballando e divertendoci un casino! Parlo al plurale, anche se ero entrata da sola ... parlo al plurale perchèéeravamo dentro questo pub in 7 o 8 persone, più 6 - dico 6 - musicisti della banda, ed io, che non so resistere quando la musica è buona ed emana energia, ho cominciato a ballare, e poi tutti gli altri, in un crescendo di energia, si sono messi a ballare (la band ha poi ammesso di aver percepito questa energia e di aver suonato ancora meglio), semplicemente, allegramente, tutti come amici di lunga data, tutti entusiasti di essere lì, di sentirci vicini, di scambiarci i biglietti da visita, e poi sapere che forse non ti vedi più, perchè New York fagocita tutto e ti dà tutto. Ma intanto ti senti al settimo cielo e in sintonia perfetta con dei perfetti conosciuti, come se fossero amici da tempo (oddio, penso a Milano come la gente solitamente sia rigidina e bloccatella, e mi viene da ridere ... ). Poi se non li vedi più o no, è un'altra storia. (Però il musicista il giorno dopo mi ha telefonato, e siamo andati a giocare a biliardo. ossia: voleva insegnarmi il biliardo, come anche Mario ha tentato di fare, ma mi sento così goffa con quella stecca in mano che non riesco proprio a divertirmi molto ...
Conclusione: domenica ero in low energy dopo questo sabato ricco come fossero 4 giornate differenti (ah sì, ricordo anche che tornata a casa, più delle 4 di notte, mi sono pure messa a scrivere e-mail ... ) ed ero cotta come una campana, nonostante avessi dormito tutto la mattina. E domenica è stata una giornata lenta, riposante, quasi offuscata dalla stanchezza e dai troppi stimoli. Quindi il corpo dice: letargo! Ed io eseguo ...
L'edificio in cui era ospitata la fiera era impressionante e inquitante al tempo stesso: si trattava di un Armory, una specie di caserma immensa, che ha un grandissimo spazio centrale a volta dove, mi hanno detto, nell' '800 venivano conservate le armi e il matriale bellico ... (viste le dimensioni, si trattava anche di cannoni e quant'altro ... ).
Il risultato era un po' paradossale perché, appena entrati alla Fiera, ci si metteva le mani nei capelli al vedere lo scarruffio delle opere e la insulsa vacuità di quasi tutto ciò che era esposto. (Non ho mai visto una fiera più arraffata e come un supermarket di art and crafts di bassa qualità, commerciale al massimo e, come si dice a Milano, come "la fiera degli obei obei"!) Poi guardavi in alto e vedevi questa struttura in ferro dell''800, immensa, bella ma inquietante sapendo l'uso a cui era destinata, e guardando in basso vedevi il mercandizing più frivolo di ogni possibile prodotto umano immaginabile (prendi qualsiasi materiale, fai un minimo di assemblaggio, ed esponi). Un accostamento stridente, in un certo verso anche piuttosto 'underground'.
Non voglio togliere nulla ai pochi lavori magari interessanti che c'erano (difficili da cogliere perché disgustati dall'insieme, il tempo massimo da dedicare alla visita era di 10 minuti).
Ciò che però mi incuriosiva, è l'anima di una certa America, che qui era rappresentata in pieno: la leggerezza, il commercio, la vendita, lo stupore per qualsiasi cosa, il kitsch, l'entusiasmo dirompente solo per il fatto di esserci ...
Mi sono un po' stupita, perché mi aspettavo da questa fiera, che doveva riunire la maggioranza delle gallerie di Brooklyn (Williamsburg, Buswich, Greenpoint .. .i quartieri dove oggi a New York ci sono le gallerie giovani e sperimentali e quella più 'cool') un insieme di proposte innovative, anche non convenzionali ma 'fresche'. No, invece molte ma molte 'croste' (sempre senza nulla togliere all'entusiasmo di chi esponeva, che era contento così, e senza nulla togliere a qualche opera manuale di buona fattura), la maggior parte super 'naive'. Evidentemente, le migliori gallerie di Brooklyn non hanno esposto qui.
La sezione delle performance non era male però. Ossia, ne ho viste due, una era una schifezza, mentre l'altra molto bella, interessante, ben fatta. Si trattava di una cena sentimentale a due con una parete divisoria in mezzo, intitolata "The wall between us" di Caridad Sola e Thomas Solomon. Il tutto montato in maniera estetica e professionale, e con una discreta dose di concetto godibile da percepire. Detto così so che non vi dice niente, però vi metto la foto, ora la cerco sul web. (Ho girato tutti questi giorni delle mostre senza la macchina fotografica: un po' perché volevo vedere coi miei occhi e pensare - mentre quando si fotografa si vede con un occhio solo e si pensa all'immagine - e anche perché sto cercando faticosamente di comprarmi una nuova macchina fotografica ... ). Ecco un link alla performance:
http://www.caridadsola.com/PERFORMANCE/The-Wall-Between-Us/21918950_M9CX7h#!i=1748101093&k=sgNGTR5
Dentro alla mostra mi sono vista col mio amico Regi (ci siamo conosciuti l'anno scorso mentre lui faceva le foto quando presentavo i miei video a Bushwich), e dopo la performance siamo andati a raggiungere la mia amica Marie in un altro opening (non vi dico dov'era perché si è rivelata una cosa rocambolescamente dilettantesca ... però le persone lì mi sono simpatiche), e, sotto mio stimolo, quando siamo usciti, siamo andati a mangiarci qualcosa insieme. Ho detto 'sotto il mio stimolo' perché per noi italiani è ovvio mangiare insieme, e cosa di grande socialità, ma in molte altre parti del mondo non si avverte questa cosa, e qui è strano perché tutti mangiano fuori - a ogni ora e a ogni dove ci sono miriadi di posti dove mangiare di tutto, la maggioranza li prende 'take away' e te li mettono in delle scatole di plastica per portare il pasto a casa - però non c'è molto l'abitudine di cucinare insieme o mangiare insieme (se non per un 'dating' ossia un corteggiamento o evento romantico).
Ah, poi vi volevo parlare della fiera The Indipendent, che ho visto il giorno successivo. Finalmente! Ossia: finalmente una bella Fiera, finalmente lavori interessanti e qualche progetto di ricerca, e qualche contenuto, e opere con materiali più innovativi o con idee originali ed emozionanti. Già mi avevano parlato molto bene di questa fiera, e l'ho confermato coi miei occhi. La mia amica curatrice Oxana, che ho incontrato in giro per gli Opening (lei era, come molti, venuta apposta dall'Italia per la New York Art Week), quando ci siamo incontrate a Fountain Fair, tutte e due inebetite per la incredibile pessima qualità degli stand, mi ha detto che al confronto The Indipendent era come Art Basel ... !
Anche la location in Chelsea nell'ex Dia Center era azzeccata. Era insomma una bella fiera, però me la sono girata in maniera leggermente malinconica e non me la sono goduta molto. Ero ancora triste della perdita dello zio e soprattutto mi sentivo nostalgica, sentivo la mancanza dei miei affetti forti, della mia famiglia, di Mario, la grande città a volte ti fa sentire come una formichina ... Poi però una telefonata di mezzora con Mario (che la settimana prossima viene a New York) mi ha ritirato su il morale e il magone è passato, ho incontrato Eric e insieme siamo andati ad altri opening a Brooklyn (ho adorato la mostra da Pierogi, una galleria di Williamsburg di cui apprezzo tantissimo il lavoro). Quando ho lasciato Eric, che si avviava verso la stazione dato che abita fuori città, erano circa le 10.30/11 di sera ed ero stanca morta, i piedi mi bollivano dal gran camminare (Chelsea, Brooklyn, Meat District, e via dicendo, su e giù ... ). Quindi prendo il bus 14 (ovviamente il bus 14 passa per la 14ma strada!), scendo in avenue C e mi avvio a piedi verso casa, pensando che forse mi sarei bevuta una birretta nel pub all'angolo, dato che era sabato sera e dato che avevo una gran sete. Ma ecco che come al solito accade qualcosa di inaspettato: sento uscire una musica rock bellissima da un locale, e naturalmente ci entro: il posto era un pub semplice, con uno spazio per la musica, non molta gente, e i musicisti avevano un ritmo e una musica che mi ha coinvolto e magnetizzato ... morale della favola, abbiamo fatto le 4 di notte ballando e divertendoci un casino! Parlo al plurale, anche se ero entrata da sola ... parlo al plurale perchèéeravamo dentro questo pub in 7 o 8 persone, più 6 - dico 6 - musicisti della banda, ed io, che non so resistere quando la musica è buona ed emana energia, ho cominciato a ballare, e poi tutti gli altri, in un crescendo di energia, si sono messi a ballare (la band ha poi ammesso di aver percepito questa energia e di aver suonato ancora meglio), semplicemente, allegramente, tutti come amici di lunga data, tutti entusiasti di essere lì, di sentirci vicini, di scambiarci i biglietti da visita, e poi sapere che forse non ti vedi più, perchè New York fagocita tutto e ti dà tutto. Ma intanto ti senti al settimo cielo e in sintonia perfetta con dei perfetti conosciuti, come se fossero amici da tempo (oddio, penso a Milano come la gente solitamente sia rigidina e bloccatella, e mi viene da ridere ... ). Poi se non li vedi più o no, è un'altra storia. (Però il musicista il giorno dopo mi ha telefonato, e siamo andati a giocare a biliardo. ossia: voleva insegnarmi il biliardo, come anche Mario ha tentato di fare, ma mi sento così goffa con quella stecca in mano che non riesco proprio a divertirmi molto ...
Conclusione: domenica ero in low energy dopo questo sabato ricco come fossero 4 giornate differenti (ah sì, ricordo anche che tornata a casa, più delle 4 di notte, mi sono pure messa a scrivere e-mail ... ) ed ero cotta come una campana, nonostante avessi dormito tutto la mattina. E domenica è stata una giornata lenta, riposante, quasi offuscata dalla stanchezza e dai troppi stimoli. Quindi il corpo dice: letargo! Ed io eseguo ...
08/03/12
76. Ancora sull'Armory e Volta NY
Ieri notte quando vi ho scritto dell'Opening all'Armory era così tardi che ho terminato il post, ma avrei molte altre riflessioni da farvi.
Intanto che, nella selva dei big colossi, c'erano anche alcune gallerie - ma solo alcune - giovani e con lavori un po' più ricercati e interessanti degli altri. Una galleria inglese mi ha colpito, presentando un solo show di una giovane artista che lavora, in maniera molto sobria ma elegante, con i residui dei colori delle cose che lasciano sulle carta o il tessuto o la parete (un lavoro che mi è piaciuto è una bottiglia di plastica, vuota, di una 'soda' gasata, di quelle bevande piene di schifezze, da cui usciva una maglia tutta stramacchiata. Il gallerista mi ha spiegato che l'artista ha immerso una t-shirt bianca in questa bevanda, appallottolandola nella bottiglia, e le macchie sono il risultato della corrosione del liquido. Un'opera quindi, 'impressa' da un agente chimico, e dagli acidi corrosivi che la gente si beve ...
Sempre all'Armory, riflettevo che la maggior parte delle opere esposte in questa edizione, si suddivide in due categorie: c'è una serie di lavori che giocano sul gigantismo, sulla preziosità dei materiali, sull'eleganza estetica (spesso del supporto). Emblematica potrebbe essere la fotografia di un orso-bruno-con-faccia-simpatica ingrandito a formato 2 metri per 3, o giù di lì. Sì avete capito bene, la foto di un animale come quelle che facciamo noi quando andiamo in uno zoo (mi è naturalmente venuta in mente la serie di foto all'orso, polare e bruno, che avevo fatto in un parco in Canada - mo mi è venuta la voglia di mettervele! ... Peccato che non ricordo il nome dell'artista che ha esposto la foto dell'orso, nè la ho fotografata, perché sarebbe stato divertente il confronto!).
Dunque dicevo, una serie di lavori gioca, in funzione della vendita, sul gigantismo della produzione e la cura della confezione. Un altra parte di lavori, sempre e molto in funzione della vendita, ma almeno sono più 'intriganti', giocano sul fattore 'meraviglia e sorpresa: oh, come avrà fatto a fare questo effetto! che figo! E via dicendo. C'erano lavori che certo sono esteticamente e intellettualmente gradevoli e stimolanti, come quello di 'nuvole' dentro dei cubi di plexiglass (vedevi come una nuvola, mentre invece erano delle lastre trasparenti di plexiglass giustapposte, ciascuna con una chiazza porosa e bianca, che tutte unite davano il senso della tridimensionalità e della leggerezza. Belle da vedere e poetiche, certamente. Bella idea e bella tecnica. Però poi finito. Altri lavori ad effetto 'meraviglia' sono complicatissime sculture con tappi o materiali vari, dipinti naturalistici fatti con lo scotch, e via dicendo. Sembra che queste cose si vendano molto bene ...
Scusatemi, ho guardato solo la parte artistica dei lavori e la qualità delle gallerie. Non mi sono informata su come va il mercato dell'Arte, se si vende o no. Forse ciò vi incuriosisce, vedrò se nei prossimi giorni mi ricordo di chiederlo ...
Oggi, con molta calma perché ieri notte mi sono messa a dormire alle 5 per finire di scrivere il blog ed ero davvero molto stanca, sono andata all'opening del Volta NY. Oggi sono riuscita entrare come 'press' e ho un pass fiammante valido per due persone. Appena arrivata su (perché è all' 11°piano) mi sono messa le mani nei capelli: stand pieni di brutta pittura e di commercialissimo 'stuff' (parola inglese che adoro, che significa 'cose' ma anche molto altro, tutto ciò che fa numero).
Pensavo di fare un giro di 10 minuti e poi andarmene, quando vidi una galleria tedesca che presentava i lavori di una coppia di artisti turchi concettuali molto ma molto interessanti. Feci una lunga chiacchierata col gallerista (di Francoforte ma che parlava un ottimo inglese) molto stimolante.
Guardando bene la fiera ho trovato invece alcune gallerie molto interessanti, una minoranza a dire il vero, in mezzo a proposte commercialissime, ma una minoranza di qualità. Per lo più le gallerie che esponevano lavori interessanti erano di lingua tedesca (anche una austriaca e una di Basilea si distinguevano), molti di matrice concettuale e sociale.
La cosa interessante di Volta NY è che le gallerie dovevano portare un solo artista, ossia delle piccole - o grandi, a seconda dello stand - personali. Questo ha reso questa fiera, nel percorso di qualità, come visitare una museo, e questo l'ho molto apprezzato. Ossia, la maggioranza di gallerie era lì con prodotti soltanto commerciali ed estetizzanti (una valanga di mediocre pittura, di lavori decorativi, o molte opere con l'effetto meraviglia - come comporre volti in stile figurativo usando lo scotch da pacchi marrone sopra un light box ... -) ma alcune altre, portavano delle personali davvero interessanti e articolate, che costruivano un sistema. Verso la fine del mio giro ho trovato il lavoro - foto e video di performance - di un/una transgender di Los Angeles che mi ha davvero emozionato, e sono stata a guardare lungamente quei video, uscendo dalla fiera in uno stato emozionato e rilassato. Ora non ricordo il nome dell'artista nè quello della galleria, ma ho il bigliettino nella borsetta.
Intanto che, nella selva dei big colossi, c'erano anche alcune gallerie - ma solo alcune - giovani e con lavori un po' più ricercati e interessanti degli altri. Una galleria inglese mi ha colpito, presentando un solo show di una giovane artista che lavora, in maniera molto sobria ma elegante, con i residui dei colori delle cose che lasciano sulle carta o il tessuto o la parete (un lavoro che mi è piaciuto è una bottiglia di plastica, vuota, di una 'soda' gasata, di quelle bevande piene di schifezze, da cui usciva una maglia tutta stramacchiata. Il gallerista mi ha spiegato che l'artista ha immerso una t-shirt bianca in questa bevanda, appallottolandola nella bottiglia, e le macchie sono il risultato della corrosione del liquido. Un'opera quindi, 'impressa' da un agente chimico, e dagli acidi corrosivi che la gente si beve ...
Sempre all'Armory, riflettevo che la maggior parte delle opere esposte in questa edizione, si suddivide in due categorie: c'è una serie di lavori che giocano sul gigantismo, sulla preziosità dei materiali, sull'eleganza estetica (spesso del supporto). Emblematica potrebbe essere la fotografia di un orso-bruno-con-faccia-simpatica ingrandito a formato 2 metri per 3, o giù di lì. Sì avete capito bene, la foto di un animale come quelle che facciamo noi quando andiamo in uno zoo (mi è naturalmente venuta in mente la serie di foto all'orso, polare e bruno, che avevo fatto in un parco in Canada - mo mi è venuta la voglia di mettervele! ... Peccato che non ricordo il nome dell'artista che ha esposto la foto dell'orso, nè la ho fotografata, perché sarebbe stato divertente il confronto!).
Dunque dicevo, una serie di lavori gioca, in funzione della vendita, sul gigantismo della produzione e la cura della confezione. Un altra parte di lavori, sempre e molto in funzione della vendita, ma almeno sono più 'intriganti', giocano sul fattore 'meraviglia e sorpresa: oh, come avrà fatto a fare questo effetto! che figo! E via dicendo. C'erano lavori che certo sono esteticamente e intellettualmente gradevoli e stimolanti, come quello di 'nuvole' dentro dei cubi di plexiglass (vedevi come una nuvola, mentre invece erano delle lastre trasparenti di plexiglass giustapposte, ciascuna con una chiazza porosa e bianca, che tutte unite davano il senso della tridimensionalità e della leggerezza. Belle da vedere e poetiche, certamente. Bella idea e bella tecnica. Però poi finito. Altri lavori ad effetto 'meraviglia' sono complicatissime sculture con tappi o materiali vari, dipinti naturalistici fatti con lo scotch, e via dicendo. Sembra che queste cose si vendano molto bene ...
Scusatemi, ho guardato solo la parte artistica dei lavori e la qualità delle gallerie. Non mi sono informata su come va il mercato dell'Arte, se si vende o no. Forse ciò vi incuriosisce, vedrò se nei prossimi giorni mi ricordo di chiederlo ...
Oggi, con molta calma perché ieri notte mi sono messa a dormire alle 5 per finire di scrivere il blog ed ero davvero molto stanca, sono andata all'opening del Volta NY. Oggi sono riuscita entrare come 'press' e ho un pass fiammante valido per due persone. Appena arrivata su (perché è all' 11°piano) mi sono messa le mani nei capelli: stand pieni di brutta pittura e di commercialissimo 'stuff' (parola inglese che adoro, che significa 'cose' ma anche molto altro, tutto ciò che fa numero).
Pensavo di fare un giro di 10 minuti e poi andarmene, quando vidi una galleria tedesca che presentava i lavori di una coppia di artisti turchi concettuali molto ma molto interessanti. Feci una lunga chiacchierata col gallerista (di Francoforte ma che parlava un ottimo inglese) molto stimolante.
Guardando bene la fiera ho trovato invece alcune gallerie molto interessanti, una minoranza a dire il vero, in mezzo a proposte commercialissime, ma una minoranza di qualità. Per lo più le gallerie che esponevano lavori interessanti erano di lingua tedesca (anche una austriaca e una di Basilea si distinguevano), molti di matrice concettuale e sociale.
La cosa interessante di Volta NY è che le gallerie dovevano portare un solo artista, ossia delle piccole - o grandi, a seconda dello stand - personali. Questo ha reso questa fiera, nel percorso di qualità, come visitare una museo, e questo l'ho molto apprezzato. Ossia, la maggioranza di gallerie era lì con prodotti soltanto commerciali ed estetizzanti (una valanga di mediocre pittura, di lavori decorativi, o molte opere con l'effetto meraviglia - come comporre volti in stile figurativo usando lo scotch da pacchi marrone sopra un light box ... -) ma alcune altre, portavano delle personali davvero interessanti e articolate, che costruivano un sistema. Verso la fine del mio giro ho trovato il lavoro - foto e video di performance - di un/una transgender di Los Angeles che mi ha davvero emozionato, e sono stata a guardare lungamente quei video, uscendo dalla fiera in uno stato emozionato e rilassato. Ora non ricordo il nome dell'artista nè quello della galleria, ma ho il bigliettino nella borsetta.
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75. Comincio a girare per l'Art Week: l'Opening dell'Armory Show
E’ un po’ che non mi sentite, ma siete fortunati perché
quando vi svegliate stamattina, in Italia, vi trovate il mio bel post con le
impressioni calde calde dell’Armory Show. Whau! Non ve lo aspettavate, vero?
Sto scrivendo di notte, questa sera, proprio per
voi, così avete le notizie fresche fresche (e se qualcuno è interessato … posso
fare la corrispondente da New York!) Non vi farò però un resoconto
giornalistico, né una recensione critica, ma vi racconto le mie impressioni da
artista e da persona curiosa.
Devo anche dirvi che ho voglia di
andare in giro per mostre, è un modo bello anche per viversi la città e
cogliere la sorpresa di New York, perché le scorse settimane ho fatto una vita
piuttosto ‘normale’ e ritirata, lavorando molto ai miei progetti da attuare in Italia
al mio rientro, e all'aggiornamento del mio
sito in inglese, ai contatti con le gallerie americane, e allo sviluppo di un
paio di idee nuove nuove ... (v. post precedente) Contrariamente a quanto accade per molti, che vengono
a New York per un obiettivo specifico, io amo venire qui per
pensare e per creare, perché la città mi stimola molto, trovo tutto ciò che
cerco facendo minima fatica (come per esempio ristampare i miei biglietti da
visita in carta bellissima, spendendo solo 100 dollari per 1000 esemplari fatti
alla perfezione), e mi riempio gli occhi con stimoli di ogni tipo, anche se a volte ti senti un po' sola in mezzo a tutte queste persone, conoscenze, possibilità.ma anche questa 'solitudine elettrizzante' è molto creativa, hai migliaia di stimoli e molto tempo per elaborarli ...
Ho cominciato oggi dunque a girare per il turbinio
di eventi che ci sono durante questa settimana dell’arte newyorkese. A dire il
vero ho cominciato ieri, non a girare, ma a farmi un programma: nella selva di
fiere, eventi, mostre, special e performance, ciascuno con i suoi orari e
luoghi e incastri, se non mi facevo una scaletta e selezione di cose che mi
interessava di vedere, finiva che andavo in giro come una scema, come spesse
volte capita, ammutolita e annebbiata dalle troppe cose da vedere in contemporanea.
Invece stavolta, sì, vado mirata, e ho fatto una selezione che è una chicca, e che mi è costata tutto ieri pomeriggio
e sera per documentarmi sul web (sapete la miriadi di opening che ci sono? E la
dislocazione geografica da Brooklyn al Pier 94 in 12 Avenue al PS1 a Long Island City in Queens, passando per
Chelsea, Lower East Side, Midtown? E i conoscenti o amici o enti o gallerie che hanno mandato una e-mail in queste ultime settimane? ... ).
Ma andiamo al sodo, immagino che volete sapere
come era l’Armory Show ...
Intanto, vi rivelo che non avevo nessun biglietto per l’Opening,
perché qui non ne danno e nessun artista o addetto ai lavori con cui ho
parlato, li aveva. (I giornalisti sono una categoria differente, loro entrano sempre ovunque ... ) Il costo per entrare al preview dalle 2 del pomeriggio era
di (guardare la tabella per crederci ... naturalmente c’era incluso anche il party
al MOMA … ;-)
- The $750 Patron ticket includes one ticket for early access to The Armory Show at noon, one ticket for the VIP Hour at MoMA, and one ticket to The Armory Party at MoMA.
- The $250 ticket level includes one ticket for the VIP Hour at MoMA, one ticket to The Armory Party at MoMA, and one ticket for Vernissage Access to The Armory Show at 5:00 p.m.
- The $125 ticket level includes one ticket for Vernissage Access to The Armory Show at 5:00 p.m. and one ticket to The Armory Party at MoMA (9:00 p.m. to 12:00 a.m.).
E sono andata là sapendo che sarei entrata, ma prendendola con filosofia: se non entravo oggi sarei entrata l'indomani pagandomi il bigliettino per il pubblico (30 bei dollarucci ... ). Però se entro oggi è meglio, così faccio come fa la 'cream': oggi l'opening all'Armory, domani un'altra fiera, e poi venerdì l'altra e l'altra ... senza perdere un colpo!).
Contenta della mia mappa
personalizzata, mi dirigo quindi con molta calma verso la 55th street and 12 avenue, facendomi una grande camminata (l'opening era dalle 5, perché dalle due era per quelli che pagavano un sacco di soldi ...), vestita di tutto punto (se mi vedevate i giorni scorsi, stanca morta e scarruffata, per le strade di Manhattan non mi avreste riconosciuto ... !), perché s'ha da fare, e perché così mi è più facile entrare.
E naturalmente sono entrata - gratis - al vernissage. Non vi dico come ho fatto, ma ho usato davvero molta classe ( e un poco di faccia tosta ... ).
L'Armory è diviso in due diversi padiglioni, in due paralleli ma abbastanza distanti padiglioni - ex cantieri navali, il Pier 92 per l'Arte Moderna, e il Pier 94 per l'Arte Contemporanea. Io sono andata solo al 94. Ricordo edizioni di anni precedenti dell'Armory, compreso quello in cui avevo fatto la performance, dove le gallerie erano moltissime, invece questa edizione (e anche quella dell'anno scorso ricordo) con conta molte gallerie, ma naturalmente conta molte delle top list gallerie del mondo, con rappresentanze di tutti i continenti (No, a dire il vero, ho visto poche gallerie africane ... ).
Come novità ci doveva essere anche una lounge con Armory performance, film e talk, però mi è sembrato più fumo che arrosto: una grande lista di performance, ma alcune erano nelle ore riservate a quelli che pagavano di più (dalle 13 alle 17 ... ), e altre dovevano essere dopo, ma non ne ho vista nessuna, ho visto solo un palco con dei musicisti-o strumentisti- che sistemavano attrezzatura per la performance ... (qui si dice 'performance' tutto, dalla musica al ballo, ed è ben distinta dalla 'performance art' delle arti visive, ma spesso fanno cofusione anche loro, propinando concerti per art performance. Ho saputo anche di una performance che c'era stata nelle ore precedenti, che consisteva in persone che andavano in giro per la fiera con una calzamaglia bianca su tutto il corpo facendo una specie di danza ... (beh, non mi sembra un lavoro proprio da mozzare il fiato ... !).
Beh, andiamo dunque a vedere gli stand. Devo premettervi però che, contrariamente al solito, ero serena e l'atmosfera era distesa e con una buona energia. Ho detto 'contrariamente al solito' perché spesso agli opening importanti o in genere a tutte le fiere, mi sento piuttosto nervosa, o percepisco un grande snobbismo che mi nausea, o mi viene il nervoso per una certa qual parte di vuotezza e non sense che vedo, o mi sento inadeguata, o adirata ... tanti sono i contrastanti sentimenti che negli anni mi hanno accompagnato per le fiere. Questa volta invece, e me ne sono sorpresa io stessa, ero serena, e il clima generale era piuttosto cordiale. Certo, io ero più rilassata del solito, non me ne frega niente di prendere contatti, perché un po' già li ho, e poi perché ho deciso che non prendo più contatti ma aspetto che mi vengano a cercare ... (e, forse dovevo impararlo molto prima ;D ... ).
Cosa ho visto di interessante? Invero un po' pochino. Molti lavori 'costosi', enormi, accurati, molti nomi importanti, ma poca sperimentazione (ma questo era evidente, aspettiamo di vedere le fiere più interessanti di Volta, o Indipendent o Fountain ... ). Un po' di freschezza e di proposte interessanti le ho colte nelle gallerie brasiliane (si vede che il brasile sta esplodendo ora ... ) e in quelle orientali, soprattutto coreane (tra le altre cose una galleria di Seul ha esposto un Paik bellissimo che non avevo mai visto (ed è edizione unica).
La Fiera quest'anno aveva come ospite la Scandinavia, e c'era una sezione di gallerie Nordiche invitate speciali, con opere o esageratamente 'fredde' (tipicamente ciò che ci si aspetta da quei paesi) o esageratamente 'calde' (totem pseudoafricani pittura gestuale su cartone sfracellato ... ). Alcuni lavori mi sono piaciuti e li ricordo, ma già ora non mi viene più in mente quelli che mi hanno veramente emozionato (forse solo il Paik? No, anche una stampa di Baldessari per la White Cube, e alcuni altri ... ).
Una delle poche gallerie innovative e giovani e fresche presenti in fiera che ha portato opere che mi sono piaciute e non solo estetiche, ma anche di ricerca, è la galleria di Brooklyn Pierogi.
E' stato bello, infine, e questo è un fatto squisitamente umano, ritrovare degli amici, come la cara Oxana, che era un sacco che non vedevo, venuta apposta dall'Italia, o l'amico Lee, col quale avevamo fatto mostre insieme alcuni anni fa - ai tempi dei pazzi galleristi Weisspollack ...
Bon, ora vado a dormire, comincio a diventare fusa, se volete ulteriori aggiornamenti controllate spesso il blog nei prossimi giorni!!! ( ma non garantisco di riuscire a fare una cronaca quotidiana ... ).
Baci
Come novità ci doveva essere anche una lounge con Armory performance, film e talk, però mi è sembrato più fumo che arrosto: una grande lista di performance, ma alcune erano nelle ore riservate a quelli che pagavano di più (dalle 13 alle 17 ... ), e altre dovevano essere dopo, ma non ne ho vista nessuna, ho visto solo un palco con dei musicisti-o strumentisti- che sistemavano attrezzatura per la performance ... (qui si dice 'performance' tutto, dalla musica al ballo, ed è ben distinta dalla 'performance art' delle arti visive, ma spesso fanno cofusione anche loro, propinando concerti per art performance. Ho saputo anche di una performance che c'era stata nelle ore precedenti, che consisteva in persone che andavano in giro per la fiera con una calzamaglia bianca su tutto il corpo facendo una specie di danza ... (beh, non mi sembra un lavoro proprio da mozzare il fiato ... !).
Beh, andiamo dunque a vedere gli stand. Devo premettervi però che, contrariamente al solito, ero serena e l'atmosfera era distesa e con una buona energia. Ho detto 'contrariamente al solito' perché spesso agli opening importanti o in genere a tutte le fiere, mi sento piuttosto nervosa, o percepisco un grande snobbismo che mi nausea, o mi viene il nervoso per una certa qual parte di vuotezza e non sense che vedo, o mi sento inadeguata, o adirata ... tanti sono i contrastanti sentimenti che negli anni mi hanno accompagnato per le fiere. Questa volta invece, e me ne sono sorpresa io stessa, ero serena, e il clima generale era piuttosto cordiale. Certo, io ero più rilassata del solito, non me ne frega niente di prendere contatti, perché un po' già li ho, e poi perché ho deciso che non prendo più contatti ma aspetto che mi vengano a cercare ... (e, forse dovevo impararlo molto prima ;D ... ).
Cosa ho visto di interessante? Invero un po' pochino. Molti lavori 'costosi', enormi, accurati, molti nomi importanti, ma poca sperimentazione (ma questo era evidente, aspettiamo di vedere le fiere più interessanti di Volta, o Indipendent o Fountain ... ). Un po' di freschezza e di proposte interessanti le ho colte nelle gallerie brasiliane (si vede che il brasile sta esplodendo ora ... ) e in quelle orientali, soprattutto coreane (tra le altre cose una galleria di Seul ha esposto un Paik bellissimo che non avevo mai visto (ed è edizione unica).
La Fiera quest'anno aveva come ospite la Scandinavia, e c'era una sezione di gallerie Nordiche invitate speciali, con opere o esageratamente 'fredde' (tipicamente ciò che ci si aspetta da quei paesi) o esageratamente 'calde' (totem pseudoafricani pittura gestuale su cartone sfracellato ... ). Alcuni lavori mi sono piaciuti e li ricordo, ma già ora non mi viene più in mente quelli che mi hanno veramente emozionato (forse solo il Paik? No, anche una stampa di Baldessari per la White Cube, e alcuni altri ... ).
Una delle poche gallerie innovative e giovani e fresche presenti in fiera che ha portato opere che mi sono piaciute e non solo estetiche, ma anche di ricerca, è la galleria di Brooklyn Pierogi.
E' stato bello, infine, e questo è un fatto squisitamente umano, ritrovare degli amici, come la cara Oxana, che era un sacco che non vedevo, venuta apposta dall'Italia, o l'amico Lee, col quale avevamo fatto mostre insieme alcuni anni fa - ai tempi dei pazzi galleristi Weisspollack ...
![]() |
1988 Nam June Paik, N005 Swiss Clock
Courtesy of NAN JUNE PAIK ART CENTER |
Bon, ora vado a dormire, comincio a diventare fusa, se volete ulteriori aggiornamenti controllate spesso il blog nei prossimi giorni!!! ( ma non garantisco di riuscire a fare una cronaca quotidiana ... ).
Baci
74.Tran tran, pensieri e bolle di solitudine
Sto passando queste settimane in maniera un po’
strana … prendo contatti, lavoro al computer, scrivo e-mail, aggiorno il sito in
inglese, presento progetti, coordino i progetti in corso in Italia ... ed è molto
faticoso, ho spesso mal di testa e desidererei divertirmi ma, invero (che
‘vetusto’ vocabolo, ma ora mi piaceva!), qui il modo di divertirsi è molto
programmato, molto più di quanto io ne sia capace (e non ne sono capace nemmeno
a Milano … ) divertirsi vuol dire scambiarsi molte e-mail proponendosi uno dei
mille posti dove andare, e incrociare gli impegni e i desideri di ciascuno, e
poi scrivere e-mail sulle proposte di dove vedersi, che poi si racchiudono in un
concerto, o in un bar per un aperitivo, o in una mostra. E' parecchio faticoso
il tutto, anche perché si accumula con la già esagerata mole di e-mail e
computer che bisogna usare per il proprio lavoro, e spesso, a mio parere, è un metodo di socializzazione che non
funziona. Infatti, questa volta più di altre, ho percepito e percepisco, oltre
all’allegria che emana da questa città, anche una grande dose di solitudine
delle persone, un grande girondolare di volti e di persone di ogni tipo rango razza
credo pensiero, che come bolle gravitano nella città incontrandosi, ma mai
comunicando veramente. E a conferma di tutto ciò c’è la droga degli smart phone:
sempre, e ognuno, in ogni momento, è intento a digitare/comunicare/giocare/leggere/cercare la strada/chattare ... sul suo
smartphone, in ogni luogo, dalla metropolitana, a chi cammina per la strada –
ho visto miriadi di persone attraversare in mezzo alle macchine digitando sull’iphone
le e-mail – in fila al supermarket, prendendo il caffè ... insomma, davvero spesso sembra che tutti siano dentro una bolla, e
percepisco tanta solitudine. Tanta giovialità, ma sotto la crosta tanta
solitudine e tanta voglia di comunicare veramente (basta fare un esempio del
mio coinquilino, che ogni volta che entro in casa cerca di attaccarmi un
bottone cosmico facendomi una testa come un pallone – ora sta imparando a
essere un po’ più discreto finalmente ... ).
Comunque questa volta ho provato anche questa faccia di New York, quella della solitudine, e ci sono stati dei giorni, più di uno, dove ero
particolarmente triste e depressa (e naturalmente mi mancava Mario, e mi
domandavo che senso ci facevo io qua, mi mancava anche l’Italia e la famiglia,
e mi domandavo che senso ha stare qua … poi quando ho saputo di Dalla, e mi sono riascoltata le canzoni, quanta nostalgia degli anni di Bologna, dove sì che ci si divertiva, da bohemienne spampanati, ma ci si divertiva ogni sera, ballando, ridendo, vedendo gente, e finendo magari la nottata parlando di arte con gli spaghetti aglio e olio delle 4 di mattina ...
Poi però mi ritornava la risposta del perché sono a New York,
stringevo un po’ i denti per tener duro, e continuavo. Sono andata avanti così per alcune settimane, per quello che non vi ho più scritto. Niente di nuovo sotto il sole. Vita quotidiana (certo a New York mai banale), lavoro al computer, stanchezza, tanta, solitudine e malinconia, abbastanza, incontri con amici e uscite, qualcosina.
Ora la fase acuta di
nostalgia e leggera desolazione sento che sta passando e mi sento ritornare ad
essere in forma (complice anche, forse, che nelle settimane precedenti mi
portavo appresso un’otite nell’orecchio senza saperlo? Era quello anche che
contribuiva a farmi essere così stanca e così down mood? Ora sto prendendo gli
antibiotici e mi sento piena di forze … !)
Sicuramente nelle scorse settimane, pur avendo fatto vita
ritirata e di lavoro, ho visto delle cose molto belle e qualcosa anche davvero
insolita, come il concerto di jazz nel servizio religioso di una chiesa
protestante in Lexington avenue. Chiesa meravigliosa, con architettura da sala
da concerto nuova fiammante e artisticamente molto bella … peccato che non avevo
con me la macchina fotografica, perché era da fotografare, ma ci ritornerò,
ogni domenica alle 5 fanno la funzione religiosa col concerto jazz … questi mix
di cose si trovano solo qui a New York!
(L’altro giorno, sono stata a Brooklyn al Grace Exhibition Space – dove avevo fatto la performance l’anno scorso – dove 10 artisti che operano con la performance presentavano il lavoro, ed è stato interessantissimo, inoltre 10 in un colpo solo! Ciò che mi piace è che qui c’è tutto il mondo e vedi una caterva di cose (non parliamo delle gallerie che ci sono … la scorsa settimana ho fatto una capillare ricerca per vedere bene i siti delle gallerie newyorkesi e credo che ne ho visti moltissime centinaia!!).
(L’altro giorno, sono stata a Brooklyn al Grace Exhibition Space – dove avevo fatto la performance l’anno scorso – dove 10 artisti che operano con la performance presentavano il lavoro, ed è stato interessantissimo, inoltre 10 in un colpo solo! Ciò che mi piace è che qui c’è tutto il mondo e vedi una caterva di cose (non parliamo delle gallerie che ci sono … la scorsa settimana ho fatto una capillare ricerca per vedere bene i siti delle gallerie newyorkesi e credo che ne ho visti moltissime centinaia!!).
21/02/12
72. Manhattan in bicicletta e siti indiani ...
Sono stata bene a Montreal, bello essere in una situazione di famiglia e di vita domestica. Ho lavorato tanto al computer e ho goduto la compagnia di Mario, stando molto rilassata e per lo più in casa. Però dovevo tornare a New York perché ci sono molti progetti che mi aspettano e questa città vuole offrirmi le sue sorprese ... Sono partita giovedì 16 febbraio, col solito pullman e il solito lungo e lento viaggio, pure mezza influenzata (insomma, il mio corpo col freddo freddo non è che va tanto d'accordo ... non posso farci niente!).
Sono arrivata a Manhattan e ho preso un taxi per recarmi nella mia nuova sistemazione newyorkese nell'East Village. Sono stata stra-fortunata: un membro di Servas ha una piccola stanza in più per gli ospiti, che ha deciso di affittarmi, per un prezzo ragionevole, per questi mesi. Avere un prezzo ragionevole a Manhattan è praticamente impossibile ed io mi sento e sono molto molto fortunata. E, cosa meravigliosa, ho anche a disposizione una bicicletta! Così l'altro giorno, per festeggiare il mio arrivo e la primaverile giornata di sole, sono andata col mio coinquilino a fare un giro in biciletta sulle rive di Manhattan - dove hanno appena costruito una splendida pista ciclabile - con lui che, da vero viaggiatore e vero servas, gongolava nel mostrarmi le cose più belle, inusuali o curiose, da vedere e da raccontare. Davvero una sensazione unica, stare sulle due ruote pedalando a fianco del ponte di Brooklyn! Scusate, non ho fatto foto, ma mi ero scordata di prendere la macchina fotografica, e poi spesso preferisco guardare che fermarmi a fotografare ...
Poi dal giorno successivo ho ripreso comunque la mia routine di lavoro, con calma e relax, ma mi sono occupata di preparare i progetti, elaborare The Finger and the Moon e concepire un nuovo sviluppo qui a New York, e ancora a contatti, ecc ... ecc..., il tutto condito con pasti qua e là in posti uno più diverso dall'altro, la sopresa delle strade di Manhattan dove ogni volta ti stupisci e ti meravigli, la vivacità degli stimoli, e la facilità di reperire tutto ciò di cui hai bisogno ... certo, qualche volta mi sento sola, anzi non è corretto, perché sola sto bene, certe volte mi mancano tanto gli affetti, la mia famiglia in Italia e il mio amore in Canada, e mi chiedo che senso abbia essere così sparpagliati nel mondo ... ma tant'è, la vita è ricca di percorsi e di risvolti, imprevedibili e affascinanti.
Curioso, per puro caso sono capitata in un paio di siti indiani dove appaiono i mei video ... funny, nice!
http://www.ratedesi.com/video/author/liubanet
http://www.indiaeveryday.in/video/u/liubanet.htm?s=rating
E, cosa ancora più curiosa, sono andata ieri sera a sentire una conferenza di una mia amica in uno studio-luogo-di-artisti-appartamento-pieno-di-tecnologia, con terrazzino con splendida vista su midtown, i cui componenti, e molti degli spettatori erano indiani americani. Ho parlato con un ragazzo la cui famiglia proviene dal Punhiab e che è di religione sikh, e gli ho chiesto di poter andare a vedere una funzione nel loro tempio. Questo percorso alla scoperta delle religioni e dei loro luoghi mi affascina molto ... e New York mi sembra un abisso per tutto ciò (ossia ce ne sono a non finire! ... ).
04/02/12
68. Location One, Art in General, New Museum and Ps1
Incredibile, sono a New York da pochi giorni e mi sono piovute tutte le inagurazioni dei posti che amo di più. Ho preso questo fatto davvero come un benvenuto, oltre al gentile clima soleggiato e mite, insolito davvero di questi mesi a New York.
Scrivo per condividere alcune riflessioni su quello che ho visto e sui pensieri che mi hanno stimolato.
Location One: il talk era sulla performance art, con curatori e artisti provenienti dall'arte visiva e dal teatro. Interessante è stato il percepire e collegare le sottili differenze, di cui sono consapevole e di cui si è anche parlato, tra la performance fatta in contesto teatrale o in contesto artistico, le peculiarità di una e dell'altra, nonostante le innumerevoli mescolanze e derive fra tutti i linguaggi.
Interessante anche è stato sentire Joan Jonas parlare di come ha portato avanti il suo lavoro. Ciò che mi piace qui è che sono messi sullo stesso piano e trattati con la stessa dignità e interesse sia giovani che artisti affermati, veterani della critica o giovani emergenti. E'questo clima di accettazione e diffusa possibilità che adoro a New York. Riesci a sentirti sempre non troppo giovane o non troppo vecchio, come spesso invece può succedere in Italia (per certe cose sei troppo giovane, solo le persone di lunga carriera e fama posso accedere, per altre è come se fossi troppo vecchio, chissà se ci saranno nuove possibilità per te, ecc ... ).
Art in General: bella installazione di video, in stanza scura, sul soggetto del bere, focalizzato attraverso la ripresa di scene di films di Cassevetes. Io non ho ancora visto suoi films, ma li vedrò a breve, e Mario più molti amici me ne avevano parlato molto bene. Mi è piaciuta la mostra, che focalizza l'aspetto sociale, umano, comportamentale, psicologico, dell'atto di bere, sia soli che in compagnia, focalizzando scene e bloccandole.
(Lo stesso giorno c'era anche l'opening all'Artists Space, ma la mostra non mi è piaciuta per niente nè ho voglia di parlarne - a volte le cose che non piacciono sono stimolanti, questa invece per me non lo è stata affatto, anche se ho cercato di capirne di più guardando catalogo e sito).
Sono andata al New Museum a vedere una performance di un artista di Beirut. La performance era una session di video e dj live. Abbastanza scontata come combinazione e come concetto, il video e i suoni comunque erano ben fatti. Il video prendeva delle scene splatter o pop dalla trash tv libanese o araba, e li montava focalizzando scene di aggressività e violenza. Come dicevo il video era ben fatto e alcune parti delle immagini arabe avevano interesse sociale e incuriosivano in quanto portatrici di un'altra cultura, ma il tutto era leggermente ovvio o comunque deja vù.
Sempre bellissimo invece essere a un opening al PS1. Tantissime persone e tantissime mostre, davvero interessanti. Alcune cose mi hanno fatto molto riflettere, e tante le ho gustate davvero. Un fatto degno di nota è che la maggioranza delle opere esposte era in relazione con avvenimenti sociopolitici della situazione mondiale. Ciò mi interessa e mi piace molto: l'arte come mezzo per indagare sulla società e per filtrare gli avvenimenti. Già all'inizio, nel cortile, c'era un grande tendone dove in collegamento video via skype c'era un artista egiziana, Lara Baraldi, la quale ha contribuito, insieme con altri artisti, a fondare il Tahir Cinema durante la Rivoluzione del 2010 al Cairo:
Although the Egyptian revolution has been called the 'Facebook Revolution', the majority of Egyptians did not and still don't have access to the Internet, and therefore have no access to news coverage other than through the Egyptian media. During the July 2011 sit-in in Tahrir Square in Cairo, a group of artists and filmmakers lit up a corner of the square with an open-source 'revolutionary' screen: Tahrir Cinema. Every night, a filmmaker, journalist, or activist presented a selection of visual material related to the Egyptian revolution, ranging from raw footage to documentary, from HD to mobile camera quality, from animation to YouTube virals (know more)
Un altro esempio connesso con i recenti avvenimenti mondiali è il lavoro di Chim↑Pom nella Hall del piano di ingresso. Questo collettivo di artisti Giapponese ha esposto un video a due canali che documenta un'azione da loro intrapresa per 'sollevare il morale' delle persone nelle zone terremotate:
Following the March 11, 2011 earthquake, the artist collective Chim↑Pom traveled to Soma City, Fukushima where they made friends with local youths—many of whom had lost their homes and loved ones, and were living among the destruction and radiation that accompanied the earthquake and subsequent destabilization of the nearby nuclear reactor. In response to the disaster they conducted a sequence of one hundred KI-AI. KI-AI is martial arts term describing a way to collect and direct one’s inner energy through exhalation or vocalization before attacking. Chim↑Pom plays on the idea by focusing the group’s energy through collective action which was video recorded. MoMA PS1 presents the resulting two-channel work KI-AI 100 (100 Cheers). (see more)
Mi sono piaciuti molto anche i lavori di Frances Stark (video tratto dalla sua esperienza di chat online).
e di Surasi Kusolwong, che ha lavorato con l'interattività riempiendo tutto un grande spazio di fili di lana, dove le persone potevano immergersi e addentrarsi, per 'scovare' - e tenere - gli oggetti d'oro che l'artista aveva nascosto nel mezzo.
Curiosa e ironica la mostra di Darren Bader, che ha esposto un'iguana, in una gabbia di vetro molto grande con tanto di verde acqua e albero dentro, al di fuori della quale vedevi in terra un croissant. L'opera si intitolava infatti: Iguana e croissant ... Ha anche esposto dei gatti, in un'altra stanza, chiedendo ai visitatori chi volesse adottarli per non farli sopprimere ...
Anche la performance suscita ancora un grande interesse. Clifford Owens riflette sui confini dei medium, ossia tra la performance e la sua resa con fotografia e video, portando in mostra un'"Antologia" di performances fatte e documentate appositamente per questo progetto. (see more)
E poi che dire dell'incredibile poesia dell'installazione fissa, che avevo già visto, "Meeting" di James Turrel?
Si entra in uno spazio il cui soffitto è tagliato da una cornice, al di là della quale vedi il cielo. E subito ti accorgi di essere all'aperto, e che dentro la cornice, guardando a testa in su, si muove il cielo, con le sue nuvole che vanno, come se fosse un grande video proiettato sul soffitto ...
Buona visione!
Liuba
Scrivo per condividere alcune riflessioni su quello che ho visto e sui pensieri che mi hanno stimolato.
Location One: il talk era sulla performance art, con curatori e artisti provenienti dall'arte visiva e dal teatro. Interessante è stato il percepire e collegare le sottili differenze, di cui sono consapevole e di cui si è anche parlato, tra la performance fatta in contesto teatrale o in contesto artistico, le peculiarità di una e dell'altra, nonostante le innumerevoli mescolanze e derive fra tutti i linguaggi.
Interessante anche è stato sentire Joan Jonas parlare di come ha portato avanti il suo lavoro. Ciò che mi piace qui è che sono messi sullo stesso piano e trattati con la stessa dignità e interesse sia giovani che artisti affermati, veterani della critica o giovani emergenti. E'questo clima di accettazione e diffusa possibilità che adoro a New York. Riesci a sentirti sempre non troppo giovane o non troppo vecchio, come spesso invece può succedere in Italia (per certe cose sei troppo giovane, solo le persone di lunga carriera e fama posso accedere, per altre è come se fossi troppo vecchio, chissà se ci saranno nuove possibilità per te, ecc ... ).
Art in General: bella installazione di video, in stanza scura, sul soggetto del bere, focalizzato attraverso la ripresa di scene di films di Cassevetes. Io non ho ancora visto suoi films, ma li vedrò a breve, e Mario più molti amici me ne avevano parlato molto bene. Mi è piaciuta la mostra, che focalizza l'aspetto sociale, umano, comportamentale, psicologico, dell'atto di bere, sia soli che in compagnia, focalizzando scene e bloccandole.
(Lo stesso giorno c'era anche l'opening all'Artists Space, ma la mostra non mi è piaciuta per niente nè ho voglia di parlarne - a volte le cose che non piacciono sono stimolanti, questa invece per me non lo è stata affatto, anche se ho cercato di capirne di più guardando catalogo e sito).
Sono andata al New Museum a vedere una performance di un artista di Beirut. La performance era una session di video e dj live. Abbastanza scontata come combinazione e come concetto, il video e i suoni comunque erano ben fatti. Il video prendeva delle scene splatter o pop dalla trash tv libanese o araba, e li montava focalizzando scene di aggressività e violenza. Come dicevo il video era ben fatto e alcune parti delle immagini arabe avevano interesse sociale e incuriosivano in quanto portatrici di un'altra cultura, ma il tutto era leggermente ovvio o comunque deja vù.
Sempre bellissimo invece essere a un opening al PS1. Tantissime persone e tantissime mostre, davvero interessanti. Alcune cose mi hanno fatto molto riflettere, e tante le ho gustate davvero. Un fatto degno di nota è che la maggioranza delle opere esposte era in relazione con avvenimenti sociopolitici della situazione mondiale. Ciò mi interessa e mi piace molto: l'arte come mezzo per indagare sulla società e per filtrare gli avvenimenti. Già all'inizio, nel cortile, c'era un grande tendone dove in collegamento video via skype c'era un artista egiziana, Lara Baraldi, la quale ha contribuito, insieme con altri artisti, a fondare il Tahir Cinema durante la Rivoluzione del 2010 al Cairo:
Although the Egyptian revolution has been called the 'Facebook Revolution', the majority of Egyptians did not and still don't have access to the Internet, and therefore have no access to news coverage other than through the Egyptian media. During the July 2011 sit-in in Tahrir Square in Cairo, a group of artists and filmmakers lit up a corner of the square with an open-source 'revolutionary' screen: Tahrir Cinema. Every night, a filmmaker, journalist, or activist presented a selection of visual material related to the Egyptian revolution, ranging from raw footage to documentary, from HD to mobile camera quality, from animation to YouTube virals (know more)
Un altro esempio connesso con i recenti avvenimenti mondiali è il lavoro di Chim↑Pom nella Hall del piano di ingresso. Questo collettivo di artisti Giapponese ha esposto un video a due canali che documenta un'azione da loro intrapresa per 'sollevare il morale' delle persone nelle zone terremotate:
Following the March 11, 2011 earthquake, the artist collective Chim↑Pom traveled to Soma City, Fukushima where they made friends with local youths—many of whom had lost their homes and loved ones, and were living among the destruction and radiation that accompanied the earthquake and subsequent destabilization of the nearby nuclear reactor. In response to the disaster they conducted a sequence of one hundred KI-AI. KI-AI is martial arts term describing a way to collect and direct one’s inner energy through exhalation or vocalization before attacking. Chim↑Pom plays on the idea by focusing the group’s energy through collective action which was video recorded. MoMA PS1 presents the resulting two-channel work KI-AI 100 (100 Cheers). (see more)
Mi sono piaciuti molto anche i lavori di Frances Stark (video tratto dalla sua esperienza di chat online).
e di Surasi Kusolwong, che ha lavorato con l'interattività riempiendo tutto un grande spazio di fili di lana, dove le persone potevano immergersi e addentrarsi, per 'scovare' - e tenere - gli oggetti d'oro che l'artista aveva nascosto nel mezzo.
Curiosa e ironica la mostra di Darren Bader, che ha esposto un'iguana, in una gabbia di vetro molto grande con tanto di verde acqua e albero dentro, al di fuori della quale vedevi in terra un croissant. L'opera si intitolava infatti: Iguana e croissant ... Ha anche esposto dei gatti, in un'altra stanza, chiedendo ai visitatori chi volesse adottarli per non farli sopprimere ...
Anche la performance suscita ancora un grande interesse. Clifford Owens riflette sui confini dei medium, ossia tra la performance e la sua resa con fotografia e video, portando in mostra un'"Antologia" di performances fatte e documentate appositamente per questo progetto. (see more)
E poi che dire dell'incredibile poesia dell'installazione fissa, che avevo già visto, "Meeting" di James Turrel?
Si entra in uno spazio il cui soffitto è tagliato da una cornice, al di là della quale vedi il cielo. E subito ti accorgi di essere all'aperto, e che dentro la cornice, guardando a testa in su, si muove il cielo, con le sue nuvole che vanno, come se fosse un grande video proiettato sul soffitto ...
Buona visione!
Liuba
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