viaggio

23/02/12
21/02/12
72. Manhattan in bicicletta e siti indiani ...
Sono stata bene a Montreal, bello essere in una situazione di famiglia e di vita domestica. Ho lavorato tanto al computer e ho goduto la compagnia di Mario, stando molto rilassata e per lo più in casa. Però dovevo tornare a New York perché ci sono molti progetti che mi aspettano e questa città vuole offrirmi le sue sorprese ... Sono partita giovedì 16 febbraio, col solito pullman e il solito lungo e lento viaggio, pure mezza influenzata (insomma, il mio corpo col freddo freddo non è che va tanto d'accordo ... non posso farci niente!).
Sono arrivata a Manhattan e ho preso un taxi per recarmi nella mia nuova sistemazione newyorkese nell'East Village. Sono stata stra-fortunata: un membro di Servas ha una piccola stanza in più per gli ospiti, che ha deciso di affittarmi, per un prezzo ragionevole, per questi mesi. Avere un prezzo ragionevole a Manhattan è praticamente impossibile ed io mi sento e sono molto molto fortunata. E, cosa meravigliosa, ho anche a disposizione una bicicletta! Così l'altro giorno, per festeggiare il mio arrivo e la primaverile giornata di sole, sono andata col mio coinquilino a fare un giro in biciletta sulle rive di Manhattan - dove hanno appena costruito una splendida pista ciclabile - con lui che, da vero viaggiatore e vero servas, gongolava nel mostrarmi le cose più belle, inusuali o curiose, da vedere e da raccontare. Davvero una sensazione unica, stare sulle due ruote pedalando a fianco del ponte di Brooklyn! Scusate, non ho fatto foto, ma mi ero scordata di prendere la macchina fotografica, e poi spesso preferisco guardare che fermarmi a fotografare ...
Poi dal giorno successivo ho ripreso comunque la mia routine di lavoro, con calma e relax, ma mi sono occupata di preparare i progetti, elaborare The Finger and the Moon e concepire un nuovo sviluppo qui a New York, e ancora a contatti, ecc ... ecc..., il tutto condito con pasti qua e là in posti uno più diverso dall'altro, la sopresa delle strade di Manhattan dove ogni volta ti stupisci e ti meravigli, la vivacità degli stimoli, e la facilità di reperire tutto ciò di cui hai bisogno ... certo, qualche volta mi sento sola, anzi non è corretto, perché sola sto bene, certe volte mi mancano tanto gli affetti, la mia famiglia in Italia e il mio amore in Canada, e mi chiedo che senso abbia essere così sparpagliati nel mondo ... ma tant'è, la vita è ricca di percorsi e di risvolti, imprevedibili e affascinanti.
Curioso, per puro caso sono capitata in un paio di siti indiani dove appaiono i mei video ... funny, nice!
http://www.ratedesi.com/video/author/liubanet
http://www.indiaeveryday.in/video/u/liubanet.htm?s=rating
E, cosa ancora più curiosa, sono andata ieri sera a sentire una conferenza di una mia amica in uno studio-luogo-di-artisti-appartamento-pieno-di-tecnologia, con terrazzino con splendida vista su midtown, i cui componenti, e molti degli spettatori erano indiani americani. Ho parlato con un ragazzo la cui famiglia proviene dal Punhiab e che è di religione sikh, e gli ho chiesto di poter andare a vedere una funzione nel loro tempio. Questo percorso alla scoperta delle religioni e dei loro luoghi mi affascina molto ... e New York mi sembra un abisso per tutto ciò (ossia ce ne sono a non finire! ... ).
09/02/12
71. Mamma Canada, l' Hotel di Ghiaccio e altri pensieri
Sono arrivata in pullman da New York a Montreal martedì scorso, il giorno prima del mio compleanno il primo di febbraio (date le 6 ore di differenza, alle 18 del 31 era già il primo febbraio in Italia, e ho avuto subito un meraviglioso messaggio di auguri da Claudio, il primo in assoluto!. )
Ho fatto un ottimo viaggio, (v. post!) seppure lungo - sono solo 500km ma ci vogliono 9 ore in bus e ancor più in treno ... !
Adoro vedere scorrere i luoghi dai finestrini e sentire di avere tutto il tempo che mi serve per scrivere, leggere, pensare, guardare ... perfetto quando si ha il mood giusto, ed io l'avevo.
Sono arrivata a Montreal per stare con Mario un paio di settimane. Lui ha trovato una casa dove poter stare insieme, e mi sembrava importante vederlo subito, prima di affittarmi la stanza a New York e restare là come programmato per alcuni mesi.
Ultimamente lui ed io siamo sparpagliati in diverse parti del mondo e ci vediamo poco, e quando ci vediamo poco non riusciamo nemmeno a capire se il rapporto funziona o no. Quindi, eccomi qui per una pausetta canadese (o meglio quebecois) che mi risulta gradita anche perché ho pure molto tempo per preparare e focalizzare cosa mi servirà per il mio rientro a New York (parlando in termini di materiali contatti e lavori).
Sono arrivata qui con l'idea di stare in casa per la maggior parte del tempo, non ho voglia di fare molte incursioni nel freddo dell'inverno, anche se questa volta mi sono attrezzata bene, e non ho sofferto il freddo (e il tempo è stato pure per lo più soleggiato). Adoro stare in casa con tutto il tempo per pensare ai miei progetti e lavorare agli svariati aspetti che tutto ciò comporta (scrivere le e-mail, aggiornare il sito, il blog, scrivere i progetti, lavorare ai vari video, ecc ... ), in più ora cade perfettamente perché Mario ha un lavoro regolare - che lo rende tra l'altro più rilassato e contento - e quindi è fuori casa 5 giorni su 7.
Non vi sto a raccontare dettagli sul nostro rapporto, perché sono privati, però voglio condividere con voi alcune riflessioni su Montreal e sulla vita in Canada in generale (devo dire Quebec, perché qui ci tengono molto a sottolineare la differenza tra il Quebec e il Canada inglese).
Montreal non è una città che mi entusiasma molto, però bisogna riconoscere che è molto rilassante, e che la qualità della vita è alta. Raramente vedi persone nervose, perché si respira un'aria da paese, con poco rumore, case per lo più basse, poche macchine in giro, neve ovunque (d'inverno). A me sembra un po' come essere in una baita di montagna, mi manca solo il camino!
Questa cosa delle case basse è curiosa: eccetto il centro, situato verso il porto, tutta la grande estensione in superficie della città di Montreal è composta da case generalmente di tre piani, tutte con la stessa tipologia: un appartamento per piano e di solito ingressi indipendenti, con scale anche a chiocciola che partono dalla strada per arrivare all'appartamento del primo e secondo piano. Il risultato è che tutte le strade hanno case basse e spesso con giardino. Mi dicono che c'è una legge che vieta di costruire case più alte, per poter vedere il cielo (!! ... Ciò suona un po' all'opposto dell'abuso edilizio, no??).
Altra curiosità: l'altro giorno mi è venuta voglia di andare in piscina: mi piace fare dello sport e muovermi, soprattutto in una fase intensa di lavoro al computer. Poiché ho visto una piscina vicino a casa, ci informiamo sugli orari e sulle modalità di ingresso. Risultato: per gli abitanti di Montreal è gratis, per tutti gli altri costa una cifra ... Mario è riuscito a farmi avere una tessera come 'Montrealais' e così ho la mia bella tessera per entrare gratis in piscina (in realtà la vasca non è granché, però mi piace che c'è anche il bagno turco ... ).
E sapete perché le piscine sono gratis per gli abitanti? Poiché - questa è la spiegazione come me l'ha fornita Mario - il Governo preferisce spendere per il benessere dei cittadini in modo da risparmiare sulle spese sanitarie (+ sport = meno persone che si ammalano). Anche questa mi sembra una grande dimostrazione di lungimiranza e di civiltà.
Ho chiamato questo post 'Mamma Canada' perché per questi come per tanti altri motivi mi sembra sempre che lo Stato si faccia carico in maniera complessa e completa del suo cittadino. Avevo però coniato questo modo di dire alcuni anni fa riferendomi a Mario quando, ogni volta che stava più a lungo in Italia, con lo stress di non trovare lavoro e quello della burocrazia tentacolare (che poi mi dovevo sbobinare io per lui, che manco capisco a volte come funziona per me), se ne ritornava sempre in Quebec, perché Mamma Canada ci pensava lei: sussidio di disoccupazione, possibilità di avere ingenti sponsorizzazioni per fare l'artista,o il gallerista, il curatore, il danzatore, l'attore, e qualsiasi altra attività si desideri, fondi accessibili per farsi aiutare in varie attività (Mario ha appena fatto una richiesta per un finanziamento per farsi il sito - secondo un bando che garantisce agli artisti le spese per questa 'necessità'). Potrei continuare all'infinito, descrivendovi le cose che vedo, attraverso Mario (sono facilities solo per Canadesi, però! ... ) e cose che vedo coi miei occhi.
Gli affitti, per esempio. A Montreal sono molto accessibili. Addirittura si possono trovare appartamenti per alcune centinaia di euro. Molto care invece sono alcune altre cose come i trasporti pubblici, e il vino (ma quest'ultimo perché il governo ci mette su le tasse come a noi per la benzina).
Però, nonostante tutto questo ben di Dio di agevolazioni, a me non piace molto stare a Montreal, perché non mi sento stimolata, nè mi riesce molto di divertirmi. Forse perché Mario sembra quasi che non conosca bene i posti o forse perché non ha la macchina (e col freddo invernale è meglio andare nelle zone servite dai bus), ma ogni volta che vado in giro non trovo niente di particolarmente eccitante e divertente - a parte un'ottima produzione culturale di spettacoli, per lo più in francese, e di mostre, che non è comunque cosa da poco.
La settimana scorsa per il mio compleanno siamo andati all'inaugurazione di un Museo e a un concerto di musica classica, ma quando siamo usciti, verso le 22.30, affamati, abbiamo girato almeno un'ora a piedi e al freddo per trovare un ristorante aperto, che poi alla fine non abbiamo trovato - e ci siamo dovuti accontentare di un fast food greco - Vabbè, è inverno, ma possibile che non abbiamo trovato niente di meglio???
Domenica scorsa, che era una giornata di gran sole e di freddo intenso ma sopportabile, siamo andati alla festa della neve, nel parco dell'isoletta di S. Elena di fronte a Montreal.
Premesso che ero imbaccuccata come un pinguino (perché comunque un bel -10 c'era di certo, nonostante il sole e il cielo blu) è stato davvero insolito e divertente tutto ciò che ho visto, e merita che vi allego delle foto.
La Festa della Neve era un Paradiso per bambini e teen-agers, piena di giochi. Dai più classici, come lo slittino, l'hockey su ghiaccio, il pattinaggio, a quelli più insoliti ...
Quello che mi è piaciuto di più era il calcetto con persone viventi, che vedete qui a sinistra ...
I giocatori, disposti come il noto schema dei calcio balilla, erano agganciati all'altezza della vita a una sbarra movibile e pertanto potevano muovere solo i piedi ... esattamente come i giocatori di plastica del calcetto!
Tenete conto che il suolo era una lastra di ghiaccio, quindi i giocatori per colpire la palla scivolavano a tutto spiano, senza cadere perché agganciati alla sbarra di mezzo ... e giù a calciare e cercare di fare goal! L'idea mi è piaciuta un casino, ed era pure divertente vedere giocare ...
Pista di automobiline per bambini, con tanto di
pompa di benzina da cui rifornirsi...
La pista per la corsa delle slitte ...
e la pesca nel ghiaccio ... (vedete Mario intento a capire come funziona ..).
Scultura di ghiaccio e ... ... ... ...
... Atelier degli scultori: c'erano dei tavoli con diversi attrezzi a disposizione, e blocchi di ghiaccio da prendere e modellare a piacimento.
... Dulcis in fundo ... (del nostro elenco, c'erano innumerevoli altri giochi e attrazioni) il famoso syrop d'erable, ossia lo sciroppo d'acero, la specialità Canadese: lo mettono bollente sopra la neve fresca e questo si coagula subito, tanto da poterne fare degli involtini con gli stecchetti per poi mangiarlo come un lecca lecca ...
E ora le foto dell'Hotel di Ghiaccio: Albergo fatto tutto interamente di ghiaccio, nel quale si può soggiornare realmente (auguri!) e sembra sia pure molto richiesto, nonostante dormire nella stanza di igloo con letto in ghiaccio si aggiri sui 200-250 dollari ... !!!
Però, guardate per credere, l'effetto è impressionante! - però io non ci dormirei nemmeno se me lo regalassero! Dicono che ti forniscono un sacco a pelo adatto per temperature fino ai -35 gradi, però però ... come fai a leggere nel letto o fare qualcos'altro???
Ho fatto un ottimo viaggio, (v. post!) seppure lungo - sono solo 500km ma ci vogliono 9 ore in bus e ancor più in treno ... !
Adoro vedere scorrere i luoghi dai finestrini e sentire di avere tutto il tempo che mi serve per scrivere, leggere, pensare, guardare ... perfetto quando si ha il mood giusto, ed io l'avevo.
Sono arrivata a Montreal per stare con Mario un paio di settimane. Lui ha trovato una casa dove poter stare insieme, e mi sembrava importante vederlo subito, prima di affittarmi la stanza a New York e restare là come programmato per alcuni mesi.
Ultimamente lui ed io siamo sparpagliati in diverse parti del mondo e ci vediamo poco, e quando ci vediamo poco non riusciamo nemmeno a capire se il rapporto funziona o no. Quindi, eccomi qui per una pausetta canadese (o meglio quebecois) che mi risulta gradita anche perché ho pure molto tempo per preparare e focalizzare cosa mi servirà per il mio rientro a New York (parlando in termini di materiali contatti e lavori).
Sono arrivata qui con l'idea di stare in casa per la maggior parte del tempo, non ho voglia di fare molte incursioni nel freddo dell'inverno, anche se questa volta mi sono attrezzata bene, e non ho sofferto il freddo (e il tempo è stato pure per lo più soleggiato). Adoro stare in casa con tutto il tempo per pensare ai miei progetti e lavorare agli svariati aspetti che tutto ciò comporta (scrivere le e-mail, aggiornare il sito, il blog, scrivere i progetti, lavorare ai vari video, ecc ... ), in più ora cade perfettamente perché Mario ha un lavoro regolare - che lo rende tra l'altro più rilassato e contento - e quindi è fuori casa 5 giorni su 7.
Non vi sto a raccontare dettagli sul nostro rapporto, perché sono privati, però voglio condividere con voi alcune riflessioni su Montreal e sulla vita in Canada in generale (devo dire Quebec, perché qui ci tengono molto a sottolineare la differenza tra il Quebec e il Canada inglese).
Montreal non è una città che mi entusiasma molto, però bisogna riconoscere che è molto rilassante, e che la qualità della vita è alta. Raramente vedi persone nervose, perché si respira un'aria da paese, con poco rumore, case per lo più basse, poche macchine in giro, neve ovunque (d'inverno). A me sembra un po' come essere in una baita di montagna, mi manca solo il camino!
Questa cosa delle case basse è curiosa: eccetto il centro, situato verso il porto, tutta la grande estensione in superficie della città di Montreal è composta da case generalmente di tre piani, tutte con la stessa tipologia: un appartamento per piano e di solito ingressi indipendenti, con scale anche a chiocciola che partono dalla strada per arrivare all'appartamento del primo e secondo piano. Il risultato è che tutte le strade hanno case basse e spesso con giardino. Mi dicono che c'è una legge che vieta di costruire case più alte, per poter vedere il cielo (!! ... Ciò suona un po' all'opposto dell'abuso edilizio, no??).
Altra curiosità: l'altro giorno mi è venuta voglia di andare in piscina: mi piace fare dello sport e muovermi, soprattutto in una fase intensa di lavoro al computer. Poiché ho visto una piscina vicino a casa, ci informiamo sugli orari e sulle modalità di ingresso. Risultato: per gli abitanti di Montreal è gratis, per tutti gli altri costa una cifra ... Mario è riuscito a farmi avere una tessera come 'Montrealais' e così ho la mia bella tessera per entrare gratis in piscina (in realtà la vasca non è granché, però mi piace che c'è anche il bagno turco ... ).
E sapete perché le piscine sono gratis per gli abitanti? Poiché - questa è la spiegazione come me l'ha fornita Mario - il Governo preferisce spendere per il benessere dei cittadini in modo da risparmiare sulle spese sanitarie (+ sport = meno persone che si ammalano). Anche questa mi sembra una grande dimostrazione di lungimiranza e di civiltà.
Ho chiamato questo post 'Mamma Canada' perché per questi come per tanti altri motivi mi sembra sempre che lo Stato si faccia carico in maniera complessa e completa del suo cittadino. Avevo però coniato questo modo di dire alcuni anni fa riferendomi a Mario quando, ogni volta che stava più a lungo in Italia, con lo stress di non trovare lavoro e quello della burocrazia tentacolare (che poi mi dovevo sbobinare io per lui, che manco capisco a volte come funziona per me), se ne ritornava sempre in Quebec, perché Mamma Canada ci pensava lei: sussidio di disoccupazione, possibilità di avere ingenti sponsorizzazioni per fare l'artista,o il gallerista, il curatore, il danzatore, l'attore, e qualsiasi altra attività si desideri, fondi accessibili per farsi aiutare in varie attività (Mario ha appena fatto una richiesta per un finanziamento per farsi il sito - secondo un bando che garantisce agli artisti le spese per questa 'necessità'). Potrei continuare all'infinito, descrivendovi le cose che vedo, attraverso Mario (sono facilities solo per Canadesi, però! ... ) e cose che vedo coi miei occhi.
Gli affitti, per esempio. A Montreal sono molto accessibili. Addirittura si possono trovare appartamenti per alcune centinaia di euro. Molto care invece sono alcune altre cose come i trasporti pubblici, e il vino (ma quest'ultimo perché il governo ci mette su le tasse come a noi per la benzina).
Però, nonostante tutto questo ben di Dio di agevolazioni, a me non piace molto stare a Montreal, perché non mi sento stimolata, nè mi riesce molto di divertirmi. Forse perché Mario sembra quasi che non conosca bene i posti o forse perché non ha la macchina (e col freddo invernale è meglio andare nelle zone servite dai bus), ma ogni volta che vado in giro non trovo niente di particolarmente eccitante e divertente - a parte un'ottima produzione culturale di spettacoli, per lo più in francese, e di mostre, che non è comunque cosa da poco.
La settimana scorsa per il mio compleanno siamo andati all'inaugurazione di un Museo e a un concerto di musica classica, ma quando siamo usciti, verso le 22.30, affamati, abbiamo girato almeno un'ora a piedi e al freddo per trovare un ristorante aperto, che poi alla fine non abbiamo trovato - e ci siamo dovuti accontentare di un fast food greco - Vabbè, è inverno, ma possibile che non abbiamo trovato niente di meglio???
Domenica scorsa, che era una giornata di gran sole e di freddo intenso ma sopportabile, siamo andati alla festa della neve, nel parco dell'isoletta di S. Elena di fronte a Montreal.
Premesso che ero imbaccuccata come un pinguino (perché comunque un bel -10 c'era di certo, nonostante il sole e il cielo blu) è stato davvero insolito e divertente tutto ciò che ho visto, e merita che vi allego delle foto.
La Festa della Neve era un Paradiso per bambini e teen-agers, piena di giochi. Dai più classici, come lo slittino, l'hockey su ghiaccio, il pattinaggio, a quelli più insoliti ...
Quello che mi è piaciuto di più era il calcetto con persone viventi, che vedete qui a sinistra ...
I giocatori, disposti come il noto schema dei calcio balilla, erano agganciati all'altezza della vita a una sbarra movibile e pertanto potevano muovere solo i piedi ... esattamente come i giocatori di plastica del calcetto!
Tenete conto che il suolo era una lastra di ghiaccio, quindi i giocatori per colpire la palla scivolavano a tutto spiano, senza cadere perché agganciati alla sbarra di mezzo ... e giù a calciare e cercare di fare goal! L'idea mi è piaciuta un casino, ed era pure divertente vedere giocare ...
Pista di automobiline per bambini, con tanto di
pompa di benzina da cui rifornirsi...
La pista per la corsa delle slitte ...
e la pesca nel ghiaccio ... (vedete Mario intento a capire come funziona ..).
Scultura di ghiaccio e ... ... ... ...
... Dulcis in fundo ... (del nostro elenco, c'erano innumerevoli altri giochi e attrazioni) il famoso syrop d'erable, ossia lo sciroppo d'acero, la specialità Canadese: lo mettono bollente sopra la neve fresca e questo si coagula subito, tanto da poterne fare degli involtini con gli stecchetti per poi mangiarlo come un lecca lecca ...
E ora le foto dell'Hotel di Ghiaccio: Albergo fatto tutto interamente di ghiaccio, nel quale si può soggiornare realmente (auguri!) e sembra sia pure molto richiesto, nonostante dormire nella stanza di igloo con letto in ghiaccio si aggiri sui 200-250 dollari ... !!!
Però, guardate per credere, l'effetto è impressionante! - però io non ci dormirei nemmeno se me lo regalassero! Dicono che ti forniscono un sacco a pelo adatto per temperature fino ai -35 gradi, però però ... come fai a leggere nel letto o fare qualcos'altro???
04/02/12
70. Primo febbraio
Devo riconoscere che sono felice, sento gratitudine nel cuore e sento di aver compreso alcune profonde verità, anche attraverso una purificazione col dolore, un dolore interno di una ferita dell'anima che esiste da sempre e che ho imparato a vedere con più leggerezza, con più relatività, e soprattutto ho un po' imparato ad osservarla dal di fuori ed entrare e uscire dal livello che fa male.
E' una gioia molto profonda, si sente la bellezza dell'amore di cui siamo circondati, e il sapore immenso della vita profonda, dell'energia vitale che scorre dentro e attraverso ognuno di noi, si percepisce la vibrazione meravigliosa di sentirsi puliti e perdonati, e questo perdono e questa dignità, nonostante i nostri limiti le nostre fragilità e la nostra piccolezza, nessuno ce le può togliere, nessuna persona e nessuna cosa, e questo è fantastico, è la più grande verità che abbiamo, e averla capita è il più grande dono che mi è capitato negli ultimi anni, e anzi dall'inizio di questo 2012 è come se avessi la percezione FISICA di aver capito questa verità, di sentirla in ogni mio poro.
Non è che non ricadrò più in crisi, nè che la parte ferita non mi causerà più sofferenze e pianti, ma so che è possibile e veloce risalire, e soprattutto ho imparato a guardarla da fuori questa parte, accettarla, coccolarla, e non identificarmi, facendo ricomparire velocemente la parte collegata col tutto, assorbendo la parte dolorosa accogliendola e proteggendola, e pure sdrammatizzandola, non dandogli tanta importanza. E sai cosa è stato essenziale tra le altre cose? La purificazione del respiro, alcuni esercizi di pranahiama, l'attenzione al cibo e al suo benessere, lo stato di gratitudine del sentirmi circondata da qualcosa di immenso, sempre.
Il primo febbraio è il mio compleanno, e ho voluto condividere con voi queste riflessioni profonde, scritte in uno stato di gioia interiore, mentre ero sul bus che da New York mi ha portato a Montreal.
E' una gioia molto profonda, si sente la bellezza dell'amore di cui siamo circondati, e il sapore immenso della vita profonda, dell'energia vitale che scorre dentro e attraverso ognuno di noi, si percepisce la vibrazione meravigliosa di sentirsi puliti e perdonati, e questo perdono e questa dignità, nonostante i nostri limiti le nostre fragilità e la nostra piccolezza, nessuno ce le può togliere, nessuna persona e nessuna cosa, e questo è fantastico, è la più grande verità che abbiamo, e averla capita è il più grande dono che mi è capitato negli ultimi anni, e anzi dall'inizio di questo 2012 è come se avessi la percezione FISICA di aver capito questa verità, di sentirla in ogni mio poro.
Non è che non ricadrò più in crisi, nè che la parte ferita non mi causerà più sofferenze e pianti, ma so che è possibile e veloce risalire, e soprattutto ho imparato a guardarla da fuori questa parte, accettarla, coccolarla, e non identificarmi, facendo ricomparire velocemente la parte collegata col tutto, assorbendo la parte dolorosa accogliendola e proteggendola, e pure sdrammatizzandola, non dandogli tanta importanza. E sai cosa è stato essenziale tra le altre cose? La purificazione del respiro, alcuni esercizi di pranahiama, l'attenzione al cibo e al suo benessere, lo stato di gratitudine del sentirmi circondata da qualcosa di immenso, sempre.
Il primo febbraio è il mio compleanno, e ho voluto condividere con voi queste riflessioni profonde, scritte in uno stato di gioia interiore, mentre ero sul bus che da New York mi ha portato a Montreal.
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69. Il video "Senza Parole"
Nel frattempo ho finito di mettere online il video che ho 'ritirato' dalla Biennale di Torino e mandato la newsletter (dovevo farlo prima di partire ma non ce l'ho fatta, e poi nessuno mi correva dietro d'altronde ... ).
The video comes from Liuba performance at the entrance of the Italian Pavillion at Venice Biennial 2011.
The Italian Pavillion 2011 was very controversial and discussed. The curator, active more in the Politics than in the Contemporary Art, asked to 100 of Italian 'known' people to invite their one best loved artist to the Venice Biennial Italian Pavillion. The result was a show with no curatorial logic and full of any kind of works and styles.
Many of the Italian Art-World people criticized this Pavillion. Liuba expressed her disagreement in an ironic way, distributing flyers at the entrance of the show, as giving the explication of the exhibition. Except that the flyers were white, blank. Empty.
Interesting, as usual in Liuba's works, people reactions: many react automatically when receiving a flyer, many don't want it, many other take it without reading, some were thinking Liuba was a Biennial Hostess and asked practical informations, and many people perceived and enjoyed the performance as well.
The video comes from Liuba performance at the entrance of the Italian Pavillion at Venice Biennial 2011.
The Italian Pavillion 2011 was very controversial and discussed. The curator, active more in the Politics than in the Contemporary Art, asked to 100 of Italian 'known' people to invite their one best loved artist to the Venice Biennial Italian Pavillion. The result was a show with no curatorial logic and full of any kind of works and styles.
Many of the Italian Art-World people criticized this Pavillion. Liuba expressed her disagreement in an ironic way, distributing flyers at the entrance of the show, as giving the explication of the exhibition. Except that the flyers were white, blank. Empty.
Interesting, as usual in Liuba's works, people reactions: many react automatically when receiving a flyer, many don't want it, many other take it without reading, some were thinking Liuba was a Biennial Hostess and asked practical informations, and many people perceived and enjoyed the performance as well.
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68. Location One, Art in General, New Museum and Ps1
Incredibile, sono a New York da pochi giorni e mi sono piovute tutte le inagurazioni dei posti che amo di più. Ho preso questo fatto davvero come un benvenuto, oltre al gentile clima soleggiato e mite, insolito davvero di questi mesi a New York.
Scrivo per condividere alcune riflessioni su quello che ho visto e sui pensieri che mi hanno stimolato.
Location One: il talk era sulla performance art, con curatori e artisti provenienti dall'arte visiva e dal teatro. Interessante è stato il percepire e collegare le sottili differenze, di cui sono consapevole e di cui si è anche parlato, tra la performance fatta in contesto teatrale o in contesto artistico, le peculiarità di una e dell'altra, nonostante le innumerevoli mescolanze e derive fra tutti i linguaggi.
Interessante anche è stato sentire Joan Jonas parlare di come ha portato avanti il suo lavoro. Ciò che mi piace qui è che sono messi sullo stesso piano e trattati con la stessa dignità e interesse sia giovani che artisti affermati, veterani della critica o giovani emergenti. E'questo clima di accettazione e diffusa possibilità che adoro a New York. Riesci a sentirti sempre non troppo giovane o non troppo vecchio, come spesso invece può succedere in Italia (per certe cose sei troppo giovane, solo le persone di lunga carriera e fama posso accedere, per altre è come se fossi troppo vecchio, chissà se ci saranno nuove possibilità per te, ecc ... ).
Art in General: bella installazione di video, in stanza scura, sul soggetto del bere, focalizzato attraverso la ripresa di scene di films di Cassevetes. Io non ho ancora visto suoi films, ma li vedrò a breve, e Mario più molti amici me ne avevano parlato molto bene. Mi è piaciuta la mostra, che focalizza l'aspetto sociale, umano, comportamentale, psicologico, dell'atto di bere, sia soli che in compagnia, focalizzando scene e bloccandole.
(Lo stesso giorno c'era anche l'opening all'Artists Space, ma la mostra non mi è piaciuta per niente nè ho voglia di parlarne - a volte le cose che non piacciono sono stimolanti, questa invece per me non lo è stata affatto, anche se ho cercato di capirne di più guardando catalogo e sito).
Sono andata al New Museum a vedere una performance di un artista di Beirut. La performance era una session di video e dj live. Abbastanza scontata come combinazione e come concetto, il video e i suoni comunque erano ben fatti. Il video prendeva delle scene splatter o pop dalla trash tv libanese o araba, e li montava focalizzando scene di aggressività e violenza. Come dicevo il video era ben fatto e alcune parti delle immagini arabe avevano interesse sociale e incuriosivano in quanto portatrici di un'altra cultura, ma il tutto era leggermente ovvio o comunque deja vù.
Sempre bellissimo invece essere a un opening al PS1. Tantissime persone e tantissime mostre, davvero interessanti. Alcune cose mi hanno fatto molto riflettere, e tante le ho gustate davvero. Un fatto degno di nota è che la maggioranza delle opere esposte era in relazione con avvenimenti sociopolitici della situazione mondiale. Ciò mi interessa e mi piace molto: l'arte come mezzo per indagare sulla società e per filtrare gli avvenimenti. Già all'inizio, nel cortile, c'era un grande tendone dove in collegamento video via skype c'era un artista egiziana, Lara Baraldi, la quale ha contribuito, insieme con altri artisti, a fondare il Tahir Cinema durante la Rivoluzione del 2010 al Cairo:
Although the Egyptian revolution has been called the 'Facebook Revolution', the majority of Egyptians did not and still don't have access to the Internet, and therefore have no access to news coverage other than through the Egyptian media. During the July 2011 sit-in in Tahrir Square in Cairo, a group of artists and filmmakers lit up a corner of the square with an open-source 'revolutionary' screen: Tahrir Cinema. Every night, a filmmaker, journalist, or activist presented a selection of visual material related to the Egyptian revolution, ranging from raw footage to documentary, from HD to mobile camera quality, from animation to YouTube virals (know more)
Un altro esempio connesso con i recenti avvenimenti mondiali è il lavoro di Chim↑Pom nella Hall del piano di ingresso. Questo collettivo di artisti Giapponese ha esposto un video a due canali che documenta un'azione da loro intrapresa per 'sollevare il morale' delle persone nelle zone terremotate:
Following the March 11, 2011 earthquake, the artist collective Chim↑Pom traveled to Soma City, Fukushima where they made friends with local youths—many of whom had lost their homes and loved ones, and were living among the destruction and radiation that accompanied the earthquake and subsequent destabilization of the nearby nuclear reactor. In response to the disaster they conducted a sequence of one hundred KI-AI. KI-AI is martial arts term describing a way to collect and direct one’s inner energy through exhalation or vocalization before attacking. Chim↑Pom plays on the idea by focusing the group’s energy through collective action which was video recorded. MoMA PS1 presents the resulting two-channel work KI-AI 100 (100 Cheers). (see more)
Mi sono piaciuti molto anche i lavori di Frances Stark (video tratto dalla sua esperienza di chat online).
e di Surasi Kusolwong, che ha lavorato con l'interattività riempiendo tutto un grande spazio di fili di lana, dove le persone potevano immergersi e addentrarsi, per 'scovare' - e tenere - gli oggetti d'oro che l'artista aveva nascosto nel mezzo.
Curiosa e ironica la mostra di Darren Bader, che ha esposto un'iguana, in una gabbia di vetro molto grande con tanto di verde acqua e albero dentro, al di fuori della quale vedevi in terra un croissant. L'opera si intitolava infatti: Iguana e croissant ... Ha anche esposto dei gatti, in un'altra stanza, chiedendo ai visitatori chi volesse adottarli per non farli sopprimere ...
Anche la performance suscita ancora un grande interesse. Clifford Owens riflette sui confini dei medium, ossia tra la performance e la sua resa con fotografia e video, portando in mostra un'"Antologia" di performances fatte e documentate appositamente per questo progetto. (see more)
E poi che dire dell'incredibile poesia dell'installazione fissa, che avevo già visto, "Meeting" di James Turrel?
Si entra in uno spazio il cui soffitto è tagliato da una cornice, al di là della quale vedi il cielo. E subito ti accorgi di essere all'aperto, e che dentro la cornice, guardando a testa in su, si muove il cielo, con le sue nuvole che vanno, come se fosse un grande video proiettato sul soffitto ...
Buona visione!
Liuba
Scrivo per condividere alcune riflessioni su quello che ho visto e sui pensieri che mi hanno stimolato.
Location One: il talk era sulla performance art, con curatori e artisti provenienti dall'arte visiva e dal teatro. Interessante è stato il percepire e collegare le sottili differenze, di cui sono consapevole e di cui si è anche parlato, tra la performance fatta in contesto teatrale o in contesto artistico, le peculiarità di una e dell'altra, nonostante le innumerevoli mescolanze e derive fra tutti i linguaggi.
Interessante anche è stato sentire Joan Jonas parlare di come ha portato avanti il suo lavoro. Ciò che mi piace qui è che sono messi sullo stesso piano e trattati con la stessa dignità e interesse sia giovani che artisti affermati, veterani della critica o giovani emergenti. E'questo clima di accettazione e diffusa possibilità che adoro a New York. Riesci a sentirti sempre non troppo giovane o non troppo vecchio, come spesso invece può succedere in Italia (per certe cose sei troppo giovane, solo le persone di lunga carriera e fama posso accedere, per altre è come se fossi troppo vecchio, chissà se ci saranno nuove possibilità per te, ecc ... ).
Art in General: bella installazione di video, in stanza scura, sul soggetto del bere, focalizzato attraverso la ripresa di scene di films di Cassevetes. Io non ho ancora visto suoi films, ma li vedrò a breve, e Mario più molti amici me ne avevano parlato molto bene. Mi è piaciuta la mostra, che focalizza l'aspetto sociale, umano, comportamentale, psicologico, dell'atto di bere, sia soli che in compagnia, focalizzando scene e bloccandole.
(Lo stesso giorno c'era anche l'opening all'Artists Space, ma la mostra non mi è piaciuta per niente nè ho voglia di parlarne - a volte le cose che non piacciono sono stimolanti, questa invece per me non lo è stata affatto, anche se ho cercato di capirne di più guardando catalogo e sito).
Sono andata al New Museum a vedere una performance di un artista di Beirut. La performance era una session di video e dj live. Abbastanza scontata come combinazione e come concetto, il video e i suoni comunque erano ben fatti. Il video prendeva delle scene splatter o pop dalla trash tv libanese o araba, e li montava focalizzando scene di aggressività e violenza. Come dicevo il video era ben fatto e alcune parti delle immagini arabe avevano interesse sociale e incuriosivano in quanto portatrici di un'altra cultura, ma il tutto era leggermente ovvio o comunque deja vù.
Sempre bellissimo invece essere a un opening al PS1. Tantissime persone e tantissime mostre, davvero interessanti. Alcune cose mi hanno fatto molto riflettere, e tante le ho gustate davvero. Un fatto degno di nota è che la maggioranza delle opere esposte era in relazione con avvenimenti sociopolitici della situazione mondiale. Ciò mi interessa e mi piace molto: l'arte come mezzo per indagare sulla società e per filtrare gli avvenimenti. Già all'inizio, nel cortile, c'era un grande tendone dove in collegamento video via skype c'era un artista egiziana, Lara Baraldi, la quale ha contribuito, insieme con altri artisti, a fondare il Tahir Cinema durante la Rivoluzione del 2010 al Cairo:
Although the Egyptian revolution has been called the 'Facebook Revolution', the majority of Egyptians did not and still don't have access to the Internet, and therefore have no access to news coverage other than through the Egyptian media. During the July 2011 sit-in in Tahrir Square in Cairo, a group of artists and filmmakers lit up a corner of the square with an open-source 'revolutionary' screen: Tahrir Cinema. Every night, a filmmaker, journalist, or activist presented a selection of visual material related to the Egyptian revolution, ranging from raw footage to documentary, from HD to mobile camera quality, from animation to YouTube virals (know more)
Un altro esempio connesso con i recenti avvenimenti mondiali è il lavoro di Chim↑Pom nella Hall del piano di ingresso. Questo collettivo di artisti Giapponese ha esposto un video a due canali che documenta un'azione da loro intrapresa per 'sollevare il morale' delle persone nelle zone terremotate:
Following the March 11, 2011 earthquake, the artist collective Chim↑Pom traveled to Soma City, Fukushima where they made friends with local youths—many of whom had lost their homes and loved ones, and were living among the destruction and radiation that accompanied the earthquake and subsequent destabilization of the nearby nuclear reactor. In response to the disaster they conducted a sequence of one hundred KI-AI. KI-AI is martial arts term describing a way to collect and direct one’s inner energy through exhalation or vocalization before attacking. Chim↑Pom plays on the idea by focusing the group’s energy through collective action which was video recorded. MoMA PS1 presents the resulting two-channel work KI-AI 100 (100 Cheers). (see more)
Mi sono piaciuti molto anche i lavori di Frances Stark (video tratto dalla sua esperienza di chat online).
e di Surasi Kusolwong, che ha lavorato con l'interattività riempiendo tutto un grande spazio di fili di lana, dove le persone potevano immergersi e addentrarsi, per 'scovare' - e tenere - gli oggetti d'oro che l'artista aveva nascosto nel mezzo.
Curiosa e ironica la mostra di Darren Bader, che ha esposto un'iguana, in una gabbia di vetro molto grande con tanto di verde acqua e albero dentro, al di fuori della quale vedevi in terra un croissant. L'opera si intitolava infatti: Iguana e croissant ... Ha anche esposto dei gatti, in un'altra stanza, chiedendo ai visitatori chi volesse adottarli per non farli sopprimere ...
Anche la performance suscita ancora un grande interesse. Clifford Owens riflette sui confini dei medium, ossia tra la performance e la sua resa con fotografia e video, portando in mostra un'"Antologia" di performances fatte e documentate appositamente per questo progetto. (see more)
E poi che dire dell'incredibile poesia dell'installazione fissa, che avevo già visto, "Meeting" di James Turrel?
Si entra in uno spazio il cui soffitto è tagliato da una cornice, al di là della quale vedi il cielo. E subito ti accorgi di essere all'aperto, e che dentro la cornice, guardando a testa in su, si muove il cielo, con le sue nuvole che vanno, come se fosse un grande video proiettato sul soffitto ...
Buona visione!
Liuba
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26/01/12
67. Welcome back in New York
Mentre tutto o quasi tutto il mondo dell'arte italiano si sta dirigendo a Bologna, io sono partita per New York (e Canada). Ho preso il mio bel volo e sono planata sul JFK alle due del pomeriggio di ieri, 25 gennaio, allegra come il sole che mi ha seguito dalla partenza sulle alpi all'arrivo in città.
Sono stata volentieri in Italia per questi ultimi mesi, anche perché sto lavorando ad alcuni progetti molto interessanti, da attuare in Italia dalla primavera inoltrata in poi, inoltre ho cominciato a collaborare con altre persone e con assitenti, per cui sono stati mesi utili e soddisfacenti, ma respirare l'atmosfera italiana senza deprimersi troppo non è tanto facile, e il bisogno di ritornare a New York è un fatto imprescindibile per me, per continuare a fare l'artista e soprattutto per credere nei propri sogni.
Sono stata volentieri in Italia per questi ultimi mesi, anche perché sto lavorando ad alcuni progetti molto interessanti, da attuare in Italia dalla primavera inoltrata in poi, inoltre ho cominciato a collaborare con altre persone e con assitenti, per cui sono stati mesi utili e soddisfacenti, ma respirare l'atmosfera italiana senza deprimersi troppo non è tanto facile, e il bisogno di ritornare a New York è un fatto imprescindibile per me, per continuare a fare l'artista e soprattutto per credere nei propri sogni.
Anche il tassista a Milano, mentre mi portava alla fermata del bus per Malpensa, mi disse con voce depressa: sì, fugga fugga dall'Italia, che qui va tutto a rotoli ... Questa frase mi ha colpito, perché è indicativa della percezione che tutti gli italiani hanno in questo momento della realtà in cui stiamo vivendo.
Io non sono partita per New York ora per fuggire da questa morsa italiana, ma l'ho fatto già da parecchi anni, quando nel 2005 sono venuta a New York poiché in Italia trovavo difficile proseguire nel mio lavoro con soddisfazione. Ora tutti si lamentano che c'è la crisi, la crisi, ma da quando io ho cominciato a fare l'artista (e, udite udite, nel 2012 sono vent'anni dalla mia prima performance! - vi scriverò meglio in seguito di questo) ho sempre trovato la situazione italiana molto stemprante, dove chi vuole fare l'artista deve lottare col sangue e coi denti per poter continuare e per ricevere dignità e rispetto del proprio lavoro.
Quando avevo messo il naso a New York nel 2005 per la prima volta, avevo già provato e rigirato in lungo e in largo la situazione italiana, e se anche avevo fatto cose soddifacenti e a volte prestigiose, le difficoltà che ti rimbalzano contro, e il muro di gomma che impedisce alle cose di attuarsi, erano così forti e implacabili che avevo deciso di non rimanere lì a guardare i miei entusiasmi sparire e le mie energie affievolirsi per combattere contro i mulini a vento. E quel viaggio, deciso in poche settimane (allora avevo deciso di andare a Berlino ed ero anche già d'accordo con una stanza da affittare, poi improvvisamente presi una palla al balzo per andare a New York), mi ha aperto un mondo e una serie di collaborazioni, progetti, continui viaggi, avventure, fatiche ed entusiasmi (potete sempre vedere il diario New York per gli inizi, e alcuni post dell'anno scorso di questo blog) che continua ancor ora, anche se so bene che a volte New York è una città dura e competitiva, ma sempre irresistibilmente propositiva e vitale.
Quando avevo messo il naso a New York nel 2005 per la prima volta, avevo già provato e rigirato in lungo e in largo la situazione italiana, e se anche avevo fatto cose soddifacenti e a volte prestigiose, le difficoltà che ti rimbalzano contro, e il muro di gomma che impedisce alle cose di attuarsi, erano così forti e implacabili che avevo deciso di non rimanere lì a guardare i miei entusiasmi sparire e le mie energie affievolirsi per combattere contro i mulini a vento. E quel viaggio, deciso in poche settimane (allora avevo deciso di andare a Berlino ed ero anche già d'accordo con una stanza da affittare, poi improvvisamente presi una palla al balzo per andare a New York), mi ha aperto un mondo e una serie di collaborazioni, progetti, continui viaggi, avventure, fatiche ed entusiasmi (potete sempre vedere il diario New York per gli inizi, e alcuni post dell'anno scorso di questo blog) che continua ancor ora, anche se so bene che a volte New York è una città dura e competitiva, ma sempre irresistibilmente propositiva e vitale.
Quindi, non sono andata via ora perché fuggo dall'Italia (tra l'altro io vado e poi torno, e poi vado e poi torno, in un esercizio di altalena tra i luoghi e tra le vite che è un po' complicato ma di un fascino assoluto per uno che ha un carattere come il mio), ma è sacrosanto dire che non vedevo l'ora di andarmene e di respirare nuova aria. E, devo ammettere, non mi manca affatto la Bologna di Arte Fiera, mentre invece c'erano anni che diventavo fibrillante di impazienza di andare a Bologna già setitmane prima dell'evento (per non parlare di tutti gli anni in cui ho abitato a Bologna e amato quella città, e durante Arte Fiera avevo sempre qualche mostra o qualche performance da qualche parte, e un calendario fittissimo di cose da vedere).
Beh, ora però vi voglio descrivere la giornata di ieri, che è stata straordinaria, perché, complice il fuso orario e la differenza di -6 ore dall'Italia, ho vissuto una giornata lunghissima vivendo situazioni in due posti da una parte all'altra dell'Oceano, che mi ha fatto sentire quasi un po' ubiqua - oltre che in uno stato di ebbrezza esilarante, e in leggera confusione.
Dunque: sveglia alle 6, ora italiana, per sistemare le ultime cose, vestirmi e uscire in tempo per arrivare in taxi alla fermata del bus per Malpensa. Tutto scorre fluido e in sincronia perfetta (al contrario del viaggio per Miami dove già a cominciare dal taxi tutte le combinazioni andarono storte), arrivo in aereoporto e magicamente appare un trolley per issare le mie due valigie e faccio il check in in modo rilassatissimo. Ho detto 'appare un trolley' perché a Malpensa non sai mai dove sono i carrelli, ma questa volta c'era uno straniero ad aspettare il bus offrendo i carrelli in cambio di una mancia, ed io ho molto apprezzato questo modo di rendersi utili e di guadagnare i soldi. Inoltre avevo già programmato che quando sarei arrivata a New York volevo assolutamente andare a sentire un talk sulla performance alla Location One di Soho,e volevo fare un viaggio non totalmente distruttivo per non crollare come una pera al mio arrivo.
Quindi salgo sull'aereo, con un magnifico sole, e mi vedo tutte le Alpi dall'alto, e ogni volta che volo mi emoziono un sacco per la meraviglia di vedere il mondo dall'alto e carpirne la sua morfologia ... Riesco pure a dormire un po', mi guardo un paio di bei film e dopo 9 ore di volo - bello avere il volo diretto! - atterriamo a New York. Lì occorre una bella dose di pazienza e di tempo (almeno 1 ora e mezza) per la fila alla dogana appena sbarcati, e in un paio d'ore riesco ad uscire dall'areoporto e dirigermi alla casa della mia ospite in Carmine street. Erano le 16 ora americana, le 22 ora italiana, ero un po' stanca di tutto il viaggio, però sapevo che c'era questa conferenza importante che volevo vedere, e così mi sono fatta dei bei respiri e mi sono immersa nella mela. Arrivo a casa nel west village, chiacchiero con la mia ospite in italiano, perché lei adora l'Italia e desidera praticare l'italiano, e poi esco a piedi verso Soho, Location One, assaporanto gli angoli le strade e i negozi di un quartire che conosco benissimo, perché tra una coincidenza e l'altra, sono quasi sempre stata da queste parti quando vengo a New York.
La conferenza era super interessante, proprio sulla performance art e il concetto di contemporaneità, c'erano alcuni artisti e curatori a parlare, tra cui Joan Jonas. E, colmo del benvenuto, la mia amica Marie mi ha raggiunto lì e ho assistito alla conferenza in compagnia, sentendomi accolta e a casa. Dulcis in fundo, invece di prendere un taxi per tornare a casa, come avevo programmato, immaginando di essere cottissima, io e Marie ci incamminiamo verso Spring Street per le vie di Soho e poi a questo punto proseguo a piedi verso Carmine street, comprandomi alcune cosette da mangiare in vari negozietti aperti. Alle 10 di sera, ora americana, 4 del mattino ora italiana, mi metto a letto stanca, serena, grata, per dormire naturalmente come un sasso un meritato riposo.
Welcome back to New York!
Quindi salgo sull'aereo, con un magnifico sole, e mi vedo tutte le Alpi dall'alto, e ogni volta che volo mi emoziono un sacco per la meraviglia di vedere il mondo dall'alto e carpirne la sua morfologia ... Riesco pure a dormire un po', mi guardo un paio di bei film e dopo 9 ore di volo - bello avere il volo diretto! - atterriamo a New York. Lì occorre una bella dose di pazienza e di tempo (almeno 1 ora e mezza) per la fila alla dogana appena sbarcati, e in un paio d'ore riesco ad uscire dall'areoporto e dirigermi alla casa della mia ospite in Carmine street. Erano le 16 ora americana, le 22 ora italiana, ero un po' stanca di tutto il viaggio, però sapevo che c'era questa conferenza importante che volevo vedere, e così mi sono fatta dei bei respiri e mi sono immersa nella mela. Arrivo a casa nel west village, chiacchiero con la mia ospite in italiano, perché lei adora l'Italia e desidera praticare l'italiano, e poi esco a piedi verso Soho, Location One, assaporanto gli angoli le strade e i negozi di un quartire che conosco benissimo, perché tra una coincidenza e l'altra, sono quasi sempre stata da queste parti quando vengo a New York.
La conferenza era super interessante, proprio sulla performance art e il concetto di contemporaneità, c'erano alcuni artisti e curatori a parlare, tra cui Joan Jonas. E, colmo del benvenuto, la mia amica Marie mi ha raggiunto lì e ho assistito alla conferenza in compagnia, sentendomi accolta e a casa. Dulcis in fundo, invece di prendere un taxi per tornare a casa, come avevo programmato, immaginando di essere cottissima, io e Marie ci incamminiamo verso Spring Street per le vie di Soho e poi a questo punto proseguo a piedi verso Carmine street, comprandomi alcune cosette da mangiare in vari negozietti aperti. Alle 10 di sera, ora americana, 4 del mattino ora italiana, mi metto a letto stanca, serena, grata, per dormire naturalmente come un sasso un meritato riposo.
Welcome back to New York!
05/01/12
66. Il Supermerkato di Torino
So che siete curiosi di sapere com'è andata alla Biennale di Torino, molti mi hanno chiesto il resoconto e le mie opinioni, ed eccomi qui, con calma in una giornata nevosissima in montagna (scrivo in un posto con larghe vetrate ed è bello vedere grossi fiocchi scendere da ore e ore, e vedere incicciottirsi lo strato di neve sui pini, sulle case, sulla strada e sulle macchine ... ).
E' il momento adatto per fare il punto della situazione, finalmente mi prendo un bel break, riposo e ripensamento su tutto. Spesso continuare ad andare avanti a fare l'artista non è proprio una cosa facile, e dopo tanto lavoro (a volte con risultati gratificanti, a volte meno) è necessario prendere un po' di distacco dal mondo dell'arte ( ... non dalla creatività).
Se devo essere onesta, anche la Biennale Torinese di Sgarbi ha contribuito a stancarmi e non è stata per niente gratificante, anzi pure un po' deprimente, vedendo il modo in cui vengono fatte le cose in Italia (d'altronde non è che mi aspettavo niente da questo evento) e come sono trattati gli artisti.
La prima emozione che ho provato è stato di sforzo vano e di stress per nulla in cambio, ed irritazione per tutto. Ma veniamo ai dettagli.
Innanzi tutto era da quando mi avevano invitato, più di un mese prima della vernice, che, sia io che la mia assistente, abbiamo detto più volte che avrei esposto un video e chiesto se c'era l'attrezzatura appropriata, ma sino all'ultimo non abbiamo ricevuto risposta. Come sapete dalle puntate precedenti, non ero molto convinta di partecipare, anzi non convinta affatto per quanto riguarda la natura e la modalità dell'evento, ma ho ritenuto interessante partecipare per dire, con un'opera, la mia opinione e la mia perplessità. L'arte è anche un modo di comunicare, e cosa c'è di meglio che parlare con il proprio lavoro? Così, invece di rifiutare l'invito, ho preparato il video 'Senza Parole' e ho partecipato in maniera critica e dialettica, cosa di cui sono soddisfatta e orgogliosa ... (Ma lo sforzo è valsa la pena? ... )
Pochi giorni prima dell'opening vengo a sapere in maniera definitiva che ogni artista si deve 'arrangiare', quindi per il mio video non c'è niente ("Ha un quadro o una scultura?" Era questa la domanda che mi sentivo ripetere da chiunque mi contattava o contattavo - e già questo la dice lunga sull'attualità di questa mostra ... ).
Quindi dovevo portare a Torino la mia attrezzatura e lasciarla in mostra per due mesi, secondo il calendario. Ero fuori di me dal nervosismo per questa situazione: portare il mio videoproiettore e il computer (meno male che ho un secondo computer più vecchio)? comprare un monitor da lasciare lì? Già cominciavo a dare i numeri e andai a Torino, nei giorni dell'allestimento, tesa come una corda di violino (fa anche rima ... ).
Per fortuna è la prima volta che mi capita di essere invitata a una mostra dovendomi portare la tecnologia per esporre, e francamente spero sia anche l'ultima.
Arrivo alla sala Nervi, spazio meraviglioso e gigante, senza nemmeno sapere se c'era almeno una presa per ricevere la corrente e una posizione adeguata. Sono stata fortunata perché sono stata accolta in maniera molto gentile e professionale dalla ditta di allestitori che si occupava di montare tutte le opere arrivate per la biennale (dicono un circa mille opere). L'architetto mi ha seguito nell'allestimento e abbiamo creato uno spazio sufficientemente buio, con una parete fittizia, per allestire il video con il mio videoproiettore e il loro elettricista ha risolto tutti i problemi di connessione e allacciamento per l'elettricità. Bene - ho pensato - almeno questa è fatta, e non mi sono dovuta stressare (al contrario invece di moltissimi altri artisti che, portando le loro opere, pretendevano di essere messi nello spazio più in vista di tutti e si litigavano le locations ... Forse perché a me non me ne importava granché, ho avuto il trattamento migliore - così mi disse pure l'architetto ... ).
Bene dunque per l'allestimento e gli allestitori, ma l'enorme quantità delle opere e gli abissi di qualità tra una e l'altra, e l'effetto vetrina-totalmente-riempita-di-un-negozio-dove-non-vedi-più-cosa-c'è-dentro, mi lasciava molto perplessa, anzi attonita.
Ero sempre meno convinta di avere un effetto benefico dal partecipare a questa mostra ... ero pure un po' inquieta, anche e soprattutto per il mio videoproiettore - anche se mi avevano assicurato che c'era un'assicurazione per le opere - lo avrebbero acceso correttamente? (nonostante avessi appiccicato le istruzioni per colui che l'avrebbe manovrato), l'avrebbero addirittura acceso o se lo sarebbero dimenticato? (visto che era l'unica videoproiezione di tutte le mille opere ... ) e se si fulminava la luce?
Vabbè, torno a Milano e ritorno sabato per l'opening ufficiale, facendo mille salti mortali per incastrare tutto con i tanti altri impegni.
Cosa devo dirvi? qualche opera interessante c'era, ma era tutto uno sopra l'altro, c'era di tutto e di più, non un minimo di 'concetto curatoriale' nè un criterio espositivo e selettivo ... C'era solo questa idea sbandierata in lungo e in largo di arte per tutti, arte senza limiti, mostra come un imbuto dove metter di tutto e poi il pubblico sceglie ... Molti artisti erano al settimo cielo di essere presenti e di essere esposti, per qualcuno era davvero gratificante, per altri molto meno, dipende da cosa cerchi, chi sei e cosa vuoi, no?
Io posso essere d'accordo in linea di massima sul concetto di far uscire l'arte dalle poche gallerie monopolizzanti, ma ho trovato questa mostra e tutta l'operazione un grande sfruttamento dell'arte e degli artisti fatta a scopi pubblicitari e politici. Scusate la franchezza, ma mi sono davvero irritata, non c'era nè catalogo nè il nome degli artisti partecipanti, solo una grande eloquenza intorno al nome di Sgarbi e della sua 'democratica' operazione. E vedevo con rammarico stuole di artisti che si sono pagati la spedizione di opere enormi e pesanti da ogni parte di Italia, a loro spese, pur di partecipare e di dire: io c'ero alla Biennale di Sgarbi ... A me sembra l'ennesimo modo di trarre profitto dal lavoro degli artisti e di ricevere gratis e senza troppo sforzo un grande ritorno sfruttando il lavoro degli altri. Boccaccia mia statte zitta, ma questo è ciò che penso e sapete che nel mio blog sono sempre sincera, quindi ...
Rispetto al cento per cento gli artisti che credono in queste operazioni, quelli che sono stati contenti e che hanno avuto una opinione positiva e gratificante, rispetto il concetto di voler fare qualcosa fuori dalle logiche delle gallerie potenti e dai 'soliti noti', però lasciatemi dire che io personalmente non trovo minimamente il senso di mostre come queste. C'erano così tante opere accumulate una sull'altra, e tante sale, e tanto freddo (non era stato acceso il riscaldamento durante l'opening e nemmeno durante l'allestimento!!) che non era possibile vedere tutti i lavori, e men che meno capire perchè erano lì.
Devo anche riconoscere che la mia partecipazione 'critica', col video della mia performance al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia che ironicamente si beffava di questa esposizione, non mi è sembrata potesse ricevere la necessaria attenzione, perché il contesto era del tutto inadatto alla fruizione di quel lavoro.
Così dopo qualche giorno HO DECISO DI TOGLIERE LA MIA OPERA dalla mostra, lasciare la mia parete vuota e pubblicare il video su vimeo e you tube ... (chi me lo faceva fare di stare là in mezzo col mio lavoro e in più rischiare di perdere un prezioso videoproiettore per questo supermerkato dell'arte?).
ECCO, solo quando la mia amica Flavia di Torino, che è andata gentilmente a prendermi il mio lavoro e tutto il materiale, mi ha scritto "missione compiuta!" MI SONO FINALMENTE SENTITA SOLLEVATA!!
E se volete vedere il video ritirato ... eccolo qui, liberamente fruibile per tutti su vimeo e youtube:
E' il momento adatto per fare il punto della situazione, finalmente mi prendo un bel break, riposo e ripensamento su tutto. Spesso continuare ad andare avanti a fare l'artista non è proprio una cosa facile, e dopo tanto lavoro (a volte con risultati gratificanti, a volte meno) è necessario prendere un po' di distacco dal mondo dell'arte ( ... non dalla creatività).
Se devo essere onesta, anche la Biennale Torinese di Sgarbi ha contribuito a stancarmi e non è stata per niente gratificante, anzi pure un po' deprimente, vedendo il modo in cui vengono fatte le cose in Italia (d'altronde non è che mi aspettavo niente da questo evento) e come sono trattati gli artisti.
La prima emozione che ho provato è stato di sforzo vano e di stress per nulla in cambio, ed irritazione per tutto. Ma veniamo ai dettagli.
Innanzi tutto era da quando mi avevano invitato, più di un mese prima della vernice, che, sia io che la mia assistente, abbiamo detto più volte che avrei esposto un video e chiesto se c'era l'attrezzatura appropriata, ma sino all'ultimo non abbiamo ricevuto risposta. Come sapete dalle puntate precedenti, non ero molto convinta di partecipare, anzi non convinta affatto per quanto riguarda la natura e la modalità dell'evento, ma ho ritenuto interessante partecipare per dire, con un'opera, la mia opinione e la mia perplessità. L'arte è anche un modo di comunicare, e cosa c'è di meglio che parlare con il proprio lavoro? Così, invece di rifiutare l'invito, ho preparato il video 'Senza Parole' e ho partecipato in maniera critica e dialettica, cosa di cui sono soddisfatta e orgogliosa ... (Ma lo sforzo è valsa la pena? ... )
Pochi giorni prima dell'opening vengo a sapere in maniera definitiva che ogni artista si deve 'arrangiare', quindi per il mio video non c'è niente ("Ha un quadro o una scultura?" Era questa la domanda che mi sentivo ripetere da chiunque mi contattava o contattavo - e già questo la dice lunga sull'attualità di questa mostra ... ).
Quindi dovevo portare a Torino la mia attrezzatura e lasciarla in mostra per due mesi, secondo il calendario. Ero fuori di me dal nervosismo per questa situazione: portare il mio videoproiettore e il computer (meno male che ho un secondo computer più vecchio)? comprare un monitor da lasciare lì? Già cominciavo a dare i numeri e andai a Torino, nei giorni dell'allestimento, tesa come una corda di violino (fa anche rima ... ).
Per fortuna è la prima volta che mi capita di essere invitata a una mostra dovendomi portare la tecnologia per esporre, e francamente spero sia anche l'ultima.
Arrivo alla sala Nervi, spazio meraviglioso e gigante, senza nemmeno sapere se c'era almeno una presa per ricevere la corrente e una posizione adeguata. Sono stata fortunata perché sono stata accolta in maniera molto gentile e professionale dalla ditta di allestitori che si occupava di montare tutte le opere arrivate per la biennale (dicono un circa mille opere). L'architetto mi ha seguito nell'allestimento e abbiamo creato uno spazio sufficientemente buio, con una parete fittizia, per allestire il video con il mio videoproiettore e il loro elettricista ha risolto tutti i problemi di connessione e allacciamento per l'elettricità. Bene - ho pensato - almeno questa è fatta, e non mi sono dovuta stressare (al contrario invece di moltissimi altri artisti che, portando le loro opere, pretendevano di essere messi nello spazio più in vista di tutti e si litigavano le locations ... Forse perché a me non me ne importava granché, ho avuto il trattamento migliore - così mi disse pure l'architetto ... ).
Bene dunque per l'allestimento e gli allestitori, ma l'enorme quantità delle opere e gli abissi di qualità tra una e l'altra, e l'effetto vetrina-totalmente-riempita-di-un-negozio-dove-non-vedi-più-cosa-c'è-dentro, mi lasciava molto perplessa, anzi attonita.
Ero sempre meno convinta di avere un effetto benefico dal partecipare a questa mostra ... ero pure un po' inquieta, anche e soprattutto per il mio videoproiettore - anche se mi avevano assicurato che c'era un'assicurazione per le opere - lo avrebbero acceso correttamente? (nonostante avessi appiccicato le istruzioni per colui che l'avrebbe manovrato), l'avrebbero addirittura acceso o se lo sarebbero dimenticato? (visto che era l'unica videoproiezione di tutte le mille opere ... ) e se si fulminava la luce?
Vabbè, torno a Milano e ritorno sabato per l'opening ufficiale, facendo mille salti mortali per incastrare tutto con i tanti altri impegni.
Cosa devo dirvi? qualche opera interessante c'era, ma era tutto uno sopra l'altro, c'era di tutto e di più, non un minimo di 'concetto curatoriale' nè un criterio espositivo e selettivo ... C'era solo questa idea sbandierata in lungo e in largo di arte per tutti, arte senza limiti, mostra come un imbuto dove metter di tutto e poi il pubblico sceglie ... Molti artisti erano al settimo cielo di essere presenti e di essere esposti, per qualcuno era davvero gratificante, per altri molto meno, dipende da cosa cerchi, chi sei e cosa vuoi, no?
Io posso essere d'accordo in linea di massima sul concetto di far uscire l'arte dalle poche gallerie monopolizzanti, ma ho trovato questa mostra e tutta l'operazione un grande sfruttamento dell'arte e degli artisti fatta a scopi pubblicitari e politici. Scusate la franchezza, ma mi sono davvero irritata, non c'era nè catalogo nè il nome degli artisti partecipanti, solo una grande eloquenza intorno al nome di Sgarbi e della sua 'democratica' operazione. E vedevo con rammarico stuole di artisti che si sono pagati la spedizione di opere enormi e pesanti da ogni parte di Italia, a loro spese, pur di partecipare e di dire: io c'ero alla Biennale di Sgarbi ... A me sembra l'ennesimo modo di trarre profitto dal lavoro degli artisti e di ricevere gratis e senza troppo sforzo un grande ritorno sfruttando il lavoro degli altri. Boccaccia mia statte zitta, ma questo è ciò che penso e sapete che nel mio blog sono sempre sincera, quindi ...
Rispetto al cento per cento gli artisti che credono in queste operazioni, quelli che sono stati contenti e che hanno avuto una opinione positiva e gratificante, rispetto il concetto di voler fare qualcosa fuori dalle logiche delle gallerie potenti e dai 'soliti noti', però lasciatemi dire che io personalmente non trovo minimamente il senso di mostre come queste. C'erano così tante opere accumulate una sull'altra, e tante sale, e tanto freddo (non era stato acceso il riscaldamento durante l'opening e nemmeno durante l'allestimento!!) che non era possibile vedere tutti i lavori, e men che meno capire perchè erano lì.
Devo anche riconoscere che la mia partecipazione 'critica', col video della mia performance al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia che ironicamente si beffava di questa esposizione, non mi è sembrata potesse ricevere la necessaria attenzione, perché il contesto era del tutto inadatto alla fruizione di quel lavoro.
Così dopo qualche giorno HO DECISO DI TOGLIERE LA MIA OPERA dalla mostra, lasciare la mia parete vuota e pubblicare il video su vimeo e you tube ... (chi me lo faceva fare di stare là in mezzo col mio lavoro e in più rischiare di perdere un prezioso videoproiettore per questo supermerkato dell'arte?).
ECCO, solo quando la mia amica Flavia di Torino, che è andata gentilmente a prendermi il mio lavoro e tutto il materiale, mi ha scritto "missione compiuta!" MI SONO FINALMENTE SENTITA SOLLEVATA!!
E se volete vedere il video ritirato ... eccolo qui, liberamente fruibile per tutti su vimeo e youtube:
The video comes from Liuba performance at the entrance of the Italian Pavillion at Venice Biennial 2011.
The Italian Pavillion 2011 was very controversial and discussed. The curator, active more in the Politics than in the Contemporary Art , asked to 100 of Italian ‘known’ people to invite one best loved artist to the Venice Biennial Italian Pavillion. The result was a show with no curatorial logic and full of any kind of works and styles.
Many of the Italian Art-World people criticized this Pavillion. Liuba expressed her disagreement in an ironic way, distributing flyers at the entrance of the show, as giving the explication of the exhibition. Except that the flyers were white, blank. Empty.
Interesting, as usual in Liuba’s works, are people reactions: many react automatically when receiving a flyer, many don't want it, many other take it without reading, some were thinking Liuba was a Biennial Hostess and asked practical informations, and many people perceived and enjoyed the performance as well.
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16/12/11
65. La Biennale di Sgarbi...
Sono stata invitata a partecipare alla mostra del Padiglione Italia Biennale di Venezia che si terrà a Torino organizzata da Sgarbi.
In un primo momento sono rimasta basita, poiché ho apertamente espresso cosa ne pensavo di quest'operazione attraverso una performance che feci proprio a Venezia all'ingresso del Padiglione Italia
http://www.artribune.com/2011/ 06/%E2%80%9Cprego-e-la-guida- del-padiglione-italia%E2%80% 9D-ma-poi-l%E2%80%99artista- liuba-ti-consegna-un-bel- foglio-bianco%E2%80%A6/
Poi ho deciso di accettare l'invito, e approfittare dell'occasione per esprimere le mie idee col mio lavoro.
E così, ciò che vedrete in mostra, in prima assoluta, sono il video e le foto nate dalla performance alla Biennale dal titolo 'Senza Parole'.
Ho lavorato molto per preparare il video in tempo, ma non potevo partecipare altrimenti che con questa opera in tema e in relazione 'dialettica' all'evento.
L'opening è sabato 17 dicembre a TORINO alla Sala Nervi alle ore 19
per vedere altre foto della performance clicca qui
In un primo momento sono rimasta basita, poiché ho apertamente espresso cosa ne pensavo di quest'operazione attraverso una performance che feci proprio a Venezia all'ingresso del Padiglione Italia
http://www.artribune.com/2011/
Poi ho deciso di accettare l'invito, e approfittare dell'occasione per esprimere le mie idee col mio lavoro.
E così, ciò che vedrete in mostra, in prima assoluta, sono il video e le foto nate dalla performance alla Biennale dal titolo 'Senza Parole'.
Ho lavorato molto per preparare il video in tempo, ma non potevo partecipare altrimenti che con questa opera in tema e in relazione 'dialettica' all'evento.
L'opening è sabato 17 dicembre a TORINO alla Sala Nervi alle ore 19
per vedere altre foto della performance clicca qui
64. La città e i colori e le poesie
Questi sono brevi pensieri nella nebbia e nel grigio della Pianura Padana d'inverno, pensieri arrivati soprattutto oggi venerdì 16 dicembre, uscita in macchina per commissione urgente dato che c'è sciopero dei mezzi. Un caos terrificante, e soprattutto tanta fuliggine dapperutto. La mia macchina, solo dopo poche settimane dal lavaggio, è nera a chiazze, con pulviscoli di smog per ogni dove, e quando guidi vedi tutte le altre macchine, e le cose, e i teli, e gli edifici, tutti ricoperti da quella stessa schifosa patina di grigio inquinamento - e che poi naturalmente ti domandi che effetto fa nei tuoi polmoni quando respiri.
La situazione diventa ancora più deprimente quando ti rendi conto, e oggi ho OSSERVATO attentamente, che nessuno usa dei colori, che tutti per lo più vestono di grigio scuro, nero, blu scuro marrone scuro, uniche macchie chiare sono di colori sporchi tipo beige panna o grigio chiaro.
Le case sono per lo più grigie, le macchine sono per lo più grigie, le strade sono tutte grigie, pure le facce delle persone sono grigio smorto.
Io per puro istinto, senza pensarci nemmeno su (dato che è un periodo che non me ne frega molto di come vesto e di cosa metto), indosso sempre cose colorate, con una sinfonia di colori primari o secondari o comunque puri, saturi. Credo sia un bisogno essenziale, un cibo che il mio occhio necessita come un affamato, per non impazzire. E mi dico, ma perché questa città, e molte altre città, sono codificate sul grigio? Perché i colori sono estromessi dalla vita cittadina, oggi ho guidato un paio d'ore nel traffico per andare dall'altra parte di milano, e sempre osservando attentamente, tutto ciò che mi entrava negli occhi era triste e deprimente. Le forme, i non colori, il caos.
Io ho bisogno di colore negli occhi! Ho bisogno di bellezza, di armonia. Tutti abbiamo bisogno di colori!! E perchè nessuno indossa cose colorate? Perchè la città non ha case, pali, panchine colorate? Magari con diversi tipi di colore, a seconda delle zone e delle funzioni, come si sa benissimo dagli effetti psicologici delle vibrazioni della luce da cui deriva la cromoterapia. Se fossi il sindaco, e mi sono immaginata anche nella pelle del nuovo sindaco di Milano Pisapia, che anch'io ho votato e che sono contenta di avere in questa città, dicevo, se fossi in lui farei un ordinamento in cui ordinerei a ciascun edificio di avere almeno un elemento colorato, e assolderei esperti di colore per tinteggiare degli arredi urbani con delle tinte che armonizzino il cervello e instillino allegria.
Con queste giornate deprimenti, in questo periodo italiano dove c'è un degrado di immaginario, di prospettive, di speranze, dove serpeggia solo un grande stress per riuscire alla meno peggio ad assolvere a tutte le funzioni base della sopravvivenza e della routine (a volte in questo periodo pesantissimo anche per me, non riesco a trovare il tempo o l'energia per fare una spesa decente, per mangiare bene, per comprarmi il liquido delle lenti che mi serve, per telefonare a chi vorrei).
No, lo dico senza mezze misure, purtroppo ora la vita in Italia e soprattutto a Milano non mi piace proprio per niente. (E il mio viaggiare, a volte con fatiche e sacrifici non indifferenti, lo dimostrano).
Amo molte persone qui, e anche amo molte cose del mio paese, ma sono oberata dal grigio deprimente che incombe su tutto. E no, la vita è troppo bella e troppo corta per sprecarla nel gorgo dello stress e dell'inquinamento, e come sempre ho imparato che bisogna essere radicali e decisi e prendere le decisioni basandosi solo sull'amore (traducendo: amore per la vita, per la bellezza, per le nostre persone care, per ciò che si desidera, per i sogni. Sì, anche per i sogni. Non sembra ma sono importanti. Tanto importanti).
Mi vengono in mente due poesie che avevo scritto quando ero rientrata a Milano dopo 13 anni vissuti a Bologna, ossia a fine anni '90, e da allora la situazione non è molto cambiata. Queste poesie fanno parte di una serie di testi e di performance e di quadri (la serie delle 'Mummie Vincenti') sul tema delle 'scatole' e della prigionia della vita nella nostra civiltà e sulla ricerca di uscirne e di liberarsi.
Ecco le poesie, e vi metto anche qualche foto
La situazione diventa ancora più deprimente quando ti rendi conto, e oggi ho OSSERVATO attentamente, che nessuno usa dei colori, che tutti per lo più vestono di grigio scuro, nero, blu scuro marrone scuro, uniche macchie chiare sono di colori sporchi tipo beige panna o grigio chiaro.
Le case sono per lo più grigie, le macchine sono per lo più grigie, le strade sono tutte grigie, pure le facce delle persone sono grigio smorto.
Io per puro istinto, senza pensarci nemmeno su (dato che è un periodo che non me ne frega molto di come vesto e di cosa metto), indosso sempre cose colorate, con una sinfonia di colori primari o secondari o comunque puri, saturi. Credo sia un bisogno essenziale, un cibo che il mio occhio necessita come un affamato, per non impazzire. E mi dico, ma perché questa città, e molte altre città, sono codificate sul grigio? Perché i colori sono estromessi dalla vita cittadina, oggi ho guidato un paio d'ore nel traffico per andare dall'altra parte di milano, e sempre osservando attentamente, tutto ciò che mi entrava negli occhi era triste e deprimente. Le forme, i non colori, il caos.
Io ho bisogno di colore negli occhi! Ho bisogno di bellezza, di armonia. Tutti abbiamo bisogno di colori!! E perchè nessuno indossa cose colorate? Perchè la città non ha case, pali, panchine colorate? Magari con diversi tipi di colore, a seconda delle zone e delle funzioni, come si sa benissimo dagli effetti psicologici delle vibrazioni della luce da cui deriva la cromoterapia. Se fossi il sindaco, e mi sono immaginata anche nella pelle del nuovo sindaco di Milano Pisapia, che anch'io ho votato e che sono contenta di avere in questa città, dicevo, se fossi in lui farei un ordinamento in cui ordinerei a ciascun edificio di avere almeno un elemento colorato, e assolderei esperti di colore per tinteggiare degli arredi urbani con delle tinte che armonizzino il cervello e instillino allegria.
Con queste giornate deprimenti, in questo periodo italiano dove c'è un degrado di immaginario, di prospettive, di speranze, dove serpeggia solo un grande stress per riuscire alla meno peggio ad assolvere a tutte le funzioni base della sopravvivenza e della routine (a volte in questo periodo pesantissimo anche per me, non riesco a trovare il tempo o l'energia per fare una spesa decente, per mangiare bene, per comprarmi il liquido delle lenti che mi serve, per telefonare a chi vorrei).
No, lo dico senza mezze misure, purtroppo ora la vita in Italia e soprattutto a Milano non mi piace proprio per niente. (E il mio viaggiare, a volte con fatiche e sacrifici non indifferenti, lo dimostrano).
Amo molte persone qui, e anche amo molte cose del mio paese, ma sono oberata dal grigio deprimente che incombe su tutto. E no, la vita è troppo bella e troppo corta per sprecarla nel gorgo dello stress e dell'inquinamento, e come sempre ho imparato che bisogna essere radicali e decisi e prendere le decisioni basandosi solo sull'amore (traducendo: amore per la vita, per la bellezza, per le nostre persone care, per ciò che si desidera, per i sogni. Sì, anche per i sogni. Non sembra ma sono importanti. Tanto importanti).
Mi vengono in mente due poesie che avevo scritto quando ero rientrata a Milano dopo 13 anni vissuti a Bologna, ossia a fine anni '90, e da allora la situazione non è molto cambiata. Queste poesie fanno parte di una serie di testi e di performance e di quadri (la serie delle 'Mummie Vincenti') sul tema delle 'scatole' e della prigionia della vita nella nostra civiltà e sulla ricerca di uscirne e di liberarsi.
Ecco le poesie, e vi metto anche qualche foto
Chissà se a volte ci ricordiamo
di che colore hanno le foglie,
che profumo emana l’erba,
che fragore incanta il mare
che dolcezza ci modella la sabbia
com’è il vento quando ci scompiglia i capelli.
Viviamo in un mondo di plastica.
Pure i sentimenti sono di plastica.
E la lotta si fa dura.
Ci vuole molta fantasia.
'Le Mummie Vincenti' performance a Milano, 1999, e videoinstallazione, 2000
Chissà perché
ci siamo costruiti un mondo finto
dove i doveri
pesano come mattoni
sopra le nostre case
stanche
dove il denaro signoreggia
sui nostri desideri ormai sfiniti
sfibrati e assurdi
Chissà perché i profumi spariscono
tra le puzze del cemento e lo scarico
di gas nocivi
gli occhi diventano opachi e il respiro
segue i ritmi convenzionati.
Chissà perché. Non c'è una risposta. E' solo pazzia.
'Spolpata è ogni polpa palpabile' dalla serie 'Le Mummie Vincenti',1999
acetato di performance, acrilici e collage su tela
P.S. in quel periodo dipingevo costruendo a mano col pennellino in acrilico tutte le belle letterine, non sono mica fatte con photoshop ...
P.S. in quel periodo dipingevo costruendo a mano col pennellino in acrilico tutte le belle letterine, non sono mica fatte con photoshop ...
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11/12/11
63. Miami, foto e beach birds!

Non è stato facile anche godersi tutto questo ben di Dio perché purtroppo la mia relazione sentimentale pazza da un capo all'altro del mondo è spesso causa di molto malessere e poco benessere, e di tutto ciò devo confessare che ne sono anche stanca e delusa. Però è stato bello passare gli ultimi due giorni al Catalina Hotel in South Beach, suggerimento datoci da Marilyn, dove per un prezzo irrisorio (ma è pazzesco, per questi servizi strepitosi in Italia avremmo pagato centinaia di euro a notte e lì solo 35 dollari a testa!) avevamo spiaggia privata, teli e sdraio, due piscine, di cui una sul tetto con i vaporizzatori, free drinks, airport shuttle, fre wi-fi ... e una camera bianca e rossa da urlo con tanto di big tv al plasma. Questo è un aspetto dell'America che mi diverte, tutto è big e molto spesso tutto è alla portata, basta prenderlo o a volte cercarlo.
Ma bando alle ciance, ora vi metto un po' di foto, et voilà!
My feeding birds performance...!

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