Dopo la delusione di Genova ho passato momenti duri, sia per il morale, sia per il fisico, ma soprattutto perché papà ha avuto una grandissima operazione e dopo un mese e mezzo è ancora in clinica, e sia per me che per mia madre è stato un periodo di molta ansia e molto stress, anche se siamo state brave a farci forza e a sostenere la tensione e trasmettere la positività. Ma entrambe (e lei è magnifica ma ha la sua età) un po' a turno, crollavamo, per poi rimetterci in sesto.
Una grande gioia di questo periodo un po' duro e sofferente (anche se però è stata molto dolce la relazione con papà e la ripresa affettuosa del nostro rapporto che in passato aveva avuto punte di nervosismo e di incomprensioni) è stata la due giorni di Cantù nell'ambito del Festival 'Corpi Scomodi', un festival di performance urbane organizzato da Mondovisione e curato da Filippo Borella.
I ragazzi sono stati molto bravi. Hanno invitato e spesato molti artisti, trasformando la piccola ma ricca città di Cantù in un teatro di azione di vari progetti interattivi e performativi in dialogo con la città.
Ho visto molti progetti interessanti, conosciuto persone molto simpatiche, dormito benissimo un paio di notti in un fiorito ('la finestra sul giardino' si chiama ...) bed and breakfast che mi avevano prenotato, mi sono divertita sia nel fare la performance che il workshop (eravamo in pochi ma mi ha dato una soddisfazione molto grande vedere come i partecipanti hanno goduto intensamente la cosa), ho avuto successo e complimenti ... Insomma, una bella piccola ricarica in un periodo un po' faticoso, e questo ci voleva! (Naturalmente, io che appena posso ho bisogno di natura come il pane, ho trovato anche il tempo per andare a fare il bagno in un piccolo laghetto vicino graziosissimo - il lago di Montorfano, che vi consiglio davvero).
"L’intervento
che ho pensato per ‘corpi scomodi’ è concepito come un workshop e una
performance di gruppo che coinvolge le persone del territorio. Mi
interessa estendere alle persone la possibilità di diventare
protagonisti di un’opera e di una performance. Mi piace pensare che la
performance sia ‘amplificata’ divenendo un’opera in cui agiscono
simultaneamente con me molte altre persone.
Il
concetto che ho scelto di sviluppare in maniera ‘collettiva’ a Cantù
riguarda il mio progetto in divenire ‘The Slowly Project’, dove si
analizza, in maniera poetica e provocatoria, la dimensione frenetica e
veloce della vita quotidiana, divenendo, attraverso il corpo e
l’interazione con la città, icona e simbolo di altro.
Mi
diverte l’idea di creare un folto gruppo di persone che attraverseranno
con me la città di Cantù muovendosi a rallenti, mi immagino questa nube
di persone che, come apparizioni, attraversano la città in maniera
rarefatta e quasi surreale. E mi interessa, come al solito,
l’interazione con il territorio e la città.
Perché
corpi ‘scomodi’? Intanto perché fare questa performance è molto
‘scomodo’ e faticoso: camminare perfettamente a rallenti implica un
lavoro di controllo e contrazione dei muscoli piuttosto difficile, che
richiede molta concentrazione e strategie fisiche che insegnerò nel
workshop. Il corpo dell’artista diventa scomodo per diventare un segno
visibile per gli altri.
Inoltre
il concetto di scomodo si può applicare al concetto di lentezza: a
volte è scomodo prendersi il proprio tempo, il tempo del silenzio e del
proprio centro, sembra un qualcosa difficile da permettersi, ma a volte
proprio solo da questa provocazione scomoda e rarefatta sembra possibile
trovare pienezza."
Liuba, giugno 2012
E' un po' di tempo che mi interessa un'arte che più che opera è processo e progetto,
e che diventa parte integrante e attiva della vita delle persone.
Ho cominciato a
lavorare uscendo dalle gallerie ed entrando 'nel territorio' 13
anni fa, cominciando nel 1999 quelle che ho chiamato 'urban interactive
performances', e in quest'ultimo periodo mi interessa sempre di più
sviluppare la parte interattiva e relazionale, e coinvolgere attivamente
le persone nella performance.
Mi interessa tantissimo non solo
comunicare emozioni ed idee e concetti ed estetica a un pubblico, ma
anche fare in modo che il pubblico esperimenti dentro di sè il
coinvolgimento emotivo, fisico, energetico e mentale che occorre per
fare le performances, vivendosi dal di dentro l'azione.
Per fare
questo ho deciso di proporre un workshop propedeutico alla performance,
aperto a chiunque voglia partecipare alla performance. "Nel workshop i
partecipanti faranno un lavoro su di sè, sul proprio corpo, sulla
propria capacità di resistenza e di concentrazione. Si avrà la
possibilità di vedere dall’interno come funziona la preparazione
energetica e fisica per una performance, e di avere la possibilità di
prendervi parte il giorno dopo”.
L'esperienza è stata
molto bella e interessante, soprattutto mi ha colpito la contentezza
delle persone che hanno partecipato alla performance, poichè agire a
rallenti nel mezzo della vita quotidiana implica un lavoro su di sè di
meditazione, di energia, di controllo del corpo, dei muscoli e dei
movimenti, che diventa come un rito purificatorio e uno strumento di
conoscenza di sè per chi vi partecipa. La gioia che ho avuto, non solo
nel fare la performance e provocare reazioni nella città e nel pubblico,
ma anche per la felicità di chi ha partecipato, è stata davvero grande.
Nessun commento:
Posta un commento